Se la imprevedibilità del risultato che ha consacrato Matteo Renzi dominus della politica nazionale, anche se dovrà fare i conti con i numeri parlamentari ovviamente immutati, ha spiazzato tutti, elettori, commentatori e sondaggisti, è stato il dato dell’astensione sottovalutato, come sempre, a fare in buona parte la differenza.
L’elettorato del Pd, anche quello meno renziano, ha votato in massa e secondo l’Istituto Cattaneo Renzi ha prosciugato i centristi di Scelta Civica ma non avrebbe beneficiato in misura determinante dei voti in libera uscita dall’ex Pdl, anche se Alessandra Ghisleri ha valutato in settecentomila quelli trasmigrati da Fi a Renzi. E come sembrerebbe realistico, anche intuitivamente non ci sarebbero state nemmeno defezioni di elettori grillini delusi verso Renzi. Dunque è in primo luogo l’astensione ad aver determinato l’arretramento superprevedibile e scontato di Fi che in un paese normale, come ha sottolineato Marco Travaglio sarebbe praticamente scomparsa, e il risultato più che deludente del M5S, trasformato in dèbacle dalla spavalderia di Grillo e dall’ennesima cantonata dei sondaggi.
Se come aveva detto nell’intervista a Lucia Annunciata Gianroberto Casaleggio la vittoria per il M5S significava prende un voto in più delle politiche, fermarsi al 21,16% non sarebbe stato certamente un successo ma non avrebbe nemmeno comportato lo stato di frustrazione e smarrimento psicologico in cui si trova attualmente il M5S.
Il movimento di Grillo non è riuscito a riportare a votare tutti i suoi elettori per una serie di concause tra le quali anche “le sparate” del fondatore, l’annuncio non opportuno di “processi” on line a singoli giornalisti, la risoluzione dei casi dei dissidenti con le espulsioni, il crescendo dei toni e della veemenza. E come risulterebbe sempre dai flussi elettorali avrebbe sofferto “a sinistra” della competizione con Tsipras e “a destra” di quella con la Lega di Salvini.
Ma se è riduttivo attribuire la sconfitta unicamente all’ostilità mediatica, obiettiva ed inconfutabile, e alla minaccia del sorpasso da parte del “despota del blog” amplificata dalle grandi testate e dalla TV con la Rai in pole position, non si può non riconoscere che Grillo ed il suo movimento sono stati additati e trattati alla stregua di nemici pubblici dal sistema politico-mediatico e dalle istituzioni nel loro complesso.
Come ha osservato puntualmente Luisella Costamagna a Grillo si è data la colpa di tutto e, aggiungerei, in modo talmente strumentale e paradossale che se alla vigilia del voto lo spread aumentava, per Renzi ovviamente era a causa della paura che incuteva una sua affermazione, ma se la borsa andava bene c’era D’Alema a mettere in guardia dalle manovre dei poteri finanziari dietro alla Spectre di Casaleggio. Il trattamento sotto il profilo umano riservato per il suo “scarso appeal” estetico a Casaleggio dipinto come un Nosferatu che aleggiava sul palco di Piazza San Giovanni in impermeabile nero, mentre diluviava e con il berretto calcato, dopo un grave intervento, mi sembra che puzzi semplicemente di razzismo intellettuale e di crudeltà mentale; eppure proviene da parte di tanti sedicenti “politicamente corretti”.
E’ anche il caso di ricordare che insieme al discredito e agli insulti tout court una delle accuse ricorrenti al M5S, e parzialmente fondata, è stata quella di non aver parlato abbastanza e adeguatamente di Europa. Però bisognerebbe aggiungere che veniva lanciata dalle capolista del Pd tra cui Simona Bonafé che ha fatto l’intera campagna elettorale all’ombra degli 80 euro in busta paga, con una tale insistenza da far spazientire a Piazza Pulita persino Pigi Battista. E per la sua campagna elettorale sull’Europa, così puntuale, la Bonafé è stata premiata con una valanga di preferenze, e tutti si sono complimentati.
Adesso la campagna concertata contro il nemico pubblico è andata in porto oltre le aspettative; il M5S deve ricominciare da un’opposizione rigorosa ed autorevole e la consapevolezza della difficoltà dovrebbe consigliare più “prudenza”.
Al timone del paese e con una responsabilità rilevante anche in Europa, data la debolezza di Sarkozy, Cameron & co. c’è Matteo Renzi grazie al 40% del 58% dei votanti, ora beniamino anche di casalinghe ed imprenditori come già qualcuno prima di lui. In molti hanno posto correttamente l’accento sulla democristianizzazione che ha imposto al Pd. Ma forse ci sarebbe da notare che se con un cortocircuito temporale Matteo Renzi ha alla fine trasformato definitivamente il suo partito nella mitica Dc lo ha fatto con bel tocco di berlusconismo che lo fa così glamour.