Per le aziende europee, a maggio, l'indice sale a 102,7 punti dai 102 di aprile. In Italia invece scende a 86,9 da 88,8. Si tratta del secondo calo consecutivo, che riflette il peggioramento del morale nei settori dei servizi e delle costruzioni. Analista: "Ripresa non è ancora diffusa"
Le imprese europee sono sempre più ottimiste sul futuro, quelle italiane sempre meno. E’ il quadro che emerge dagli ultimi dati sul clima di fiducia delle imprese diffusi rispettivamente dalla Commissione Ue e dall’Istat. In Europa, a maggio, l’indice è passato a 102,7 punti dai 102 di aprile: meglio delle attese degli analisti, che puntavano su un rialzo a 102,2. Invece il trend italiano è stato inverso: l’indice è sceso a 86,9 da 88,8 di aprile. Si tratta del secondo calo consecutivo, che riflette il peggioramento del morale delle aziende dei servizi (che passa a 87,4 da 91,2 di aprile) e di quelle di costruzione (72,9 dal 74,6 di aprile). Rimane stabile a 99,7 il livello di fiducia delle imprese manifatturiere. Vedono rosa solo le imprese del commercio al dettaglio (98,7 da 98 di aprile) e quelle della grande distribuzione (da 92,7 a 95,6), mentre la distribuzione tradizionale fa registrare un calo dell’indice (da 103,1 a 102,0).
Negativi sia i giudizi sugli ordini (da -21 a -22) sia le attese di produzione (da 5 a 4). Il saldo relativo ai giudizi sulle scorte di magazzino passa da -1 a -3. L’analisi del clima di fiducia per raggruppamenti principali di industrie indica un miglioramento dell’indicatore per i beni intermedi (da 101,1 a 101,8) e un calo per i beni di consumo (da 99,4 a 98,2) e strumentali (da 99,9 a 99,7). Sono, è vero, positive le attese sull’occupazione (da -24 a -23), ma peggiorano i giudizi sugli ordini e piani di costruzione (da -51 a -54). In calo tutte le componenti: i giudizi e le attese sugli ordini (da -16 a -17 e da -6 a -11, i rispettivi saldi) e pure le attese sull’andamento dell’economia in generale, il cui saldo passa da -15 a -19.
Secondo Paolo Mameli, senior economist del Servizio Studi di Intesa Sanpaolo, “questi dati confermano che la ripresa non è ancora diffusa e la situazione congiunturale resta molto disomogenea fra settori e aree geografiche. I servizi e ancor più le costruzioni confermano quanto già emerso dai dati di contabilità nazionale ovvero una sostanziale stagnazione nel primo caso e un possibile aggravarsi della recessione nel secondo”.