L'accordo del 2008 tra associazioni e amministrazione per pagare meno le imposte sul materiale estratto, secondo la Procura, ha procurato un danno all'Ente. "Coinvolto lo stesso sindaco". Il reato è abuso d'ufficio
Pagavano la “tassa marmi” meno di quanto prescritto dalla legge, provocando quindi un danno al Comune di Carrara. Questo, però, gli imprenditori del marmo lo facevano sulla base di un accordo tra lo stesso Comune e i rappresentanti delle associazioni di industriali. L’accusa per loro adesso è di “abuso di ufficio“. Lo rende noto il Procuratore Capo di Massa-Carrara, Aldo Giubilaro, che informa, a indagini preliminari concluse, che la Procura sta notificando gli avvisi di garanzia per quindici persone.
Tra i destinatari del provvedimento ci sono funzionari, amministratori comunali e imprenditori del marmo. Secondo fonti giudiziarie sarebbero indagati anche lo stesso sindaco di Carrara, Angelo Zubbani, segretario provinciale del Psi e il vicesindaco e assessore al marmo, Andrea Vannucci, del Pd. Coinvolti anche assessori, tre ex assessori, funzionari del Comune. E infine i rappresentanti delle associazioni degli imprenditori.
L’inchiesta è scattata due anni fa, prendendo le mosse dalle denunce a mezzo stampa di ambientalisti e associazioni della società civile, che segnalavano lo “scandalo” delle “tariffe concordate” e “troppo basse” del marmo. Il Procuratore Capo, appena insediatosi a Massa-Carrara, ha deciso quindi di vederci più chiaro e così sono scattate le indagini.
Nel mirino dell’inchiesta è finito l’accordo siglato nel febbraio 2008 da Comune di Carrara e associazioni di categoria, integrato poi con un ulteriore accordo nel 2009, sottoscritto nuovamente da tutte le categorie ad accezione di Assindustria. Accordo che fissava appunto la tassa che gli imprenditori dovevano pagare al Comune per ogni tot di materiale (scaglie, blocchi o materiale) che estraevano dalle montagne e portavano a valle.
Il primo accordo, in realtà, risale al 2003 ma quei fatti sono ormai prescritti, così le indagini si sono concentrate sul documento in cui venivano stabilite le seguenti tariffe: 4,60 euro a tonnellata per i blocchi di prima fascia, 7,80 euro a tonnellata per quelli di seconda e 13,50 euro a tonnellata per la terza fascia. Per le scaglie bianche e i sassi da scogliera la tariffa era di 3,60 euro a tonnellata, mentre per le scure e i tout venant (misto naturale di cava) il prelievo era di 1,20 euro a tonnellata.
Cifre, secondo la Procura, dieci volte inferiori ai prezzi standard. Per l’estrazione dei materiali per uso industriale, per costruzioni e per opere civili infatti, secondo la legge regionale del 1998 che disciplina la materia, il titolare dell’autorizzazione deve versare al Comune un contributo rapportato alla quantità e qualità dei materiali estratti nel limite massimo del 10% del valore medio di mercato.
“La tariffa – spiega il procuratore Giubilaro – andrebbe fissata in base al valore del materiale, mentre facendo un calcolo è molto inferiore quella fissata dall’accordo. Non è danno erariale perché non toglie direttamente soldi dalle casse comunali, ma è comunque un danno per il Comune, che avrebbe dovuto ricevere una somma molto ben maggiore in questi anni. Da ciò l’ingiusto vantaggio conseguito dagli imprenditori e del correlativo danno subito dal Comune di Carrara”.