Poi, altra incombenza sgradevole, bisognerebbe occuparsi della famosa destra italiana, quella che si è persa tra cagnolini e dentiere, sì, raggiungendo toni lirici di malinconia estrema. Ma anche di quella post (post?) fascista della signorina Meloni e camerati sparsi. Ma anche di quella “responsabile e di governo” che porta a casa un risultato scarno e triste e continua a dire di essere “il pilastro della destra nel governo”, come certi cespuglietti che si svegliano ogni mattina cercando di convincersi di essere sequoie. Auguri. E fin qui si tratta di esercizi di umana pietà. E poi, a dirla tutta, un po’ di umana pietà andrebbe devoluta anche a Grillo e ai grillini, alle fesserie sui tribunali del popolo e sui “processi sul web”, allo splendido isolamento del “noi contro tutti”, ma noi per fare cosa – a parte un grande disegno teorico dai confini immaginifici – non si è saputo mai. La grandezza immensa di Mohammad Ali quando diceva dell’avversario “quello è un verme, lo distruggo, lo abbatto alla seconda ripresa” stava nel fatto che sì, lo distruggeva davvero, e sul serio lo abbatteva alla seconda ripresa. E questo è un Paese dove l’arroganza viene rispettata e servita e riverita, ma deve vincere però, perché l’arroganza che perde fa solo un po ’ ridere.
L’esercizio più complesso nei prossimi mesi (e anni) sarà invece analizzare il dna del nuovo Pd renziano. Perché non basta essere e dirsi post-ideologici per eliminare il discorso sull’ideologia. Ciò che ti forma, alla fine, è quello che sei, e i flussi elettorali dicono che lì dentro le anime cominciano a essere numerose. C’è il “vecchio” Pd, c’è il “nuovo Pd”, ci sono gli elettori di Scelta Civica (tutti quanti), c’è un milione e mezzo di voti provenienti da destra (secondo Swg), parecchi 5 stelle rinati, c’è ancora sicuramente qualche elettore di sinistra, perché quelli che hanno creduto alla lista Tsipras non sono poi tantissimi, anche se quel quattro per cento è una specie di miracolo.
La scorciatoia nota e facile è sempre quella: parlare di nuova Dc, ma non è così semplice né così vero. Prima di tutto perché la Dc aveva nel 40 per cento il suo massimo orizzonte di gloria e invece il Pd renziano può crescere ancora (per dire: ha preso un milione di voti in meno di quando Veltroni segnò il suo 34 per cento). E poi perché le differenze al suo interno sono persino di più. Anche in Europa, ora, si faranno le larghe intese, ma il più clamoroso esempio di larghe intese è proprio il Pd renziano, che contiene un arco che va dal’ex elettore di Forza Italia al vecchio militante del Pci, passando per il modernismo fighetto e il boy-scout-pensiero. Un blocco politico che non è un blocco sociale, insomma, e che sarà divertente osservare.
@AlRobecchi
Il Fatto Quotidiano, 28 maggio 2014