Lo staff della comunicazione durante la riunione dei deputati ha messo in discussione la campagna elettorale. Ma prima che si sciogliesse l'assemblea, c'è stato un altro intervento di un membro dello staff della Casaleggio associati che ha contestato anche l'efficacia dei due leader: "Alcune uscite hanno spaventato l'elettorato moderato"
“Toni aggressivi e immagini negative. La linea talebana ha fallito e così anche Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio”. Si consuma in due giorni e tre assemblee l’analisi di una sconfitta elettorale in casa 5 stelle. E per la prima volta i parlamentari osano mettere in discussione i due leader: dalle scelte di campagna per le Europee fino alla gestione di Montecitorio e Palazzo Madama. Cade un tabù e dissidenti e moderati trovano il coraggio di parlare: “Nessuna resa dei conti. Finalmente parliamo con onestà. La strategia dei fedelissimi ha fatto perdere 3 milioni di voti. E’ ora di cambiare. Basta ostruzionismo a tutti i costi“. A far scatenare le reazioni ci ha pensato il gruppo della comunicazione alla Camera con un report consegnato mercoledì sera e arrivato nelle mani dei giornalisti nel giro di poche ore. “Parlamentari percepiti come saccenti”, si legge, “manca l’umiltà e abbiamo trasmesso energia distruttiva. Più tv e meno agorà (occupare gli spazi mediatici degli altri) e soprattutto mai più slogan del tipo ‘Vinciamo noi'”.
Ma non tutti ci stanno. Così alla fine del primo incontro una dipendente della Casaleggio associati prende la parola e non risparmia i due leader: “Anche Grillo e Casaleggio hanno sbagliato. Hanno dato un’immagine poco rassicurante. I toni sono eccessivi. Attacchi a Dudù (il cane di Berlusconi), il processo ai giornalisti e lo slogan ‘oltre Hitler’ non hanno funzionato. E’ un messaggio che ha spaventato e che non ha favorito la conquista dell’elettorato moderato”. Nel mirino anche le interviste tv dei due leader che non avrebbero convinto fino in fondo. I parlamentari accettano le critiche, ma chiedono che si punti il dito sulla linea comunicativa arrivata dall’alto. L’assemblea si riaggiorna ventiquattrore dopo per un’analisi dettagliata. E intervengono i deputati critici. Si punta il dito contro chi ha gestito i gruppi, sulle dinamiche interne e su quello che è arrivato all’esterno. Ma non solo i critici. Un fedelissimo dice: “Troppe proteste in Aula. Ora dobbiamo cambiare anche noi”. Ma il cerchio magico è il primo ad essere imputato per la sconfitta e per una volta a parlare sono altri: “Sono mesi che diciamo che i toni devono essere moderati e che non possiamo vivere di propaganda. Pensiamo solo al flop della amministrative in Basilicata. Già lì doveva suonare un campanello d’allarme”.
L’assemblea alla Camera riprende nel pomeriggio del 29 maggio. Si comincia con la presentazione di dati e analisi sul voto per le Europee: si cerca di capire dove sono finiti i voti, dove c’è stato il deflusso e perché. Quali i punti deboli. Poi prendono la parola i parlamentari: ed emergono mal di pancia e malumori che covano da mesi. “Abbiamo passato il tempo a chiedere di andare al voto. E’ stato sbagliato. Un errore anche la polarizzazione o noi o loro”. Un deputato interviene: “Mi hanno criticato per i miei toni mai troppo accesi. Ma l’unica strategia che paga è quella del parlare dei contenuti”.
E’ un lungo processo allo staff della comunicazione. E quindi a Grillo e Casaleggio e alle loro scelte. “Perché”, dice un eletto, “solo una parte di noi è potuta andare in televisione? Perché non ha ha scelto il gruppo? Accettare di andare a Milano alla Casaleggio associati per i corsi ha voluto legittimare una line calata dall’alto. Il Movimento non funziona così”. Alcuni deputati protestano perché, dicono, vittime di censura: “I nostri interventi in Aula non sono mai stati pubblicizzati perché non erano ritenuti ‘mainstream’. Hanno sempre detto che non sarebbero interessati ai giornalisti”. Il riferimento è all’ambiente, ma anche alle tematiche legate al lavoro che secondo alcuni sarebbero state trascurate. “Grillo dovrebbe ascoltarci di più”, aggiunge un altro parlamentare, “dovrebbero parlarsi tra i due gruppi. Da qui a Roma con chi aggiorna il blog. A volte parlano di cose che non conscono o che conoscono male. E a volte magari noi siamo più preparati. Se ci fosse più dialogo tra gli staff sarebbe tutto più facile”.
Tre milioni di voti persi pesano. E quando si fanno le analisi, il pensiero è anche al futuro. “Abbiamo triplicato gli attivisti”, commenta un fedelissimo. “Non dobbiamo pensarla come una sconfitta. Cresceremo”. Ma non tutti concordano. “I nuovi simpatizzanti”, ribatte una deputata, “sono molto fidelizzati a Grillo e a volte molto esaltati. Ci preoccupano”. Il pensiero è a chi è troppo ambizioso e a chi non è vicino agli ideali degli inizi. La paura è per la tenuta del Movimento. Ma i toni in generale si abbassano e invece dello scontro c’è per la prima volta un confronto: “E’ quasi un meglio aver avuto un risultato in un certo senso deludente. Così possiamo finalmente parlare di quello che non va”. La deputata Roberta Lombardi si scusa con Tommaso Currò, accusato di aver rilasciato un’intervista in cui chiedeva le dimissioni di Grillo. “Non ho voluto la tua espulsione”. L’assemblea si riaggiorna. Al Senato stessa storia. Ma l’appuntamento per una riunione congiunta è stato spostato alla settimana prossima. I leader restano in silenzio, anche se l’umore, fanno sapere, è furioso. “Se reggiamo anche questa, ci rafforzeremo”, commentano i parlamentari uscendo. Intanto il primo peccato è stato compiuto: pensare male dei leader e dirlo ad alta voce.