Lasciate che per cominciare vi racconti un aneddoto. Vi ho detto che per un po’ ho avuto molto tempo per leggere? Sì, ve l’ho già detto, non distraetevi. Ebbene, quando avevo tanto tempo per leggere incappai in un nome: Étienne de La Boétie. Me lo segnalò un compagno di raggio, un tipo strano, uno dei pochi che in galera non si autogiustificano, non si professano innocenti, non danno la colpa a qualche infame. Colpevole, punto e basta. Si chiamava Antonio. Un giorno, mentre vagavo per il carcere, lo beccai nella sua cella intento a scrivere sul muro con un pennello. “Cosa fai?” gli chiesi. E lui: “Scrivo il Discorso della servitù volontaria di Étiene de La Boétie.” E io: “E chi è Étienne de La Boétie?” E lui: “Come chi è!?!”

Étienne de La Boétie - Discorsi sulla servitù volontaria - Universale FeltrinelliIl giorno stesso richiesi il libro alla biblioteca del carcere. Ma niente. Sembrava non esistesse. “È un libro del 1500” mi dissero. “Che ti frega?” “Non lo so, ma se uno si prende la briga di scriverlo sulla parete di una cella, una sua importanza ce l’avrà. O no?”

Allora tornai da Antonio per farmelo prestare. Ma non lo trovai più. Era stato trasferito in un manicomio giudiziario, e di lui non seppi più niente. E nel tempo mi dimenticai anche di Étienne de La Boétie…Finché, qualche giorno fa, non entro in una libreria e nello scaffale “novità” vedo lui: il Discorso della servitù volontaria*. Cavolo, mi dico, ma che fanno? Editano un libro del 1500? Poi lo prendo e inizio a leggere. E quasi mi viene un groppone in gola. Nella bella introduzione di Enrico Donaggio, infatti, si racconta di un artista francese, Arno Fabre, che nel 2010 ideò una performance: scrivere integralmente il Discorso sui muri dell’ultima dimora del suo autore, a Sarlat-la-Canéda, in Francia. “16 giorni e 16 notti per trasporre quei 58351 caratteri”. Be’, capirete che sciupùn mi è venuto. Ma sì, proprio come il mio amico Antonio… A quel punto do un’occhiataccia alla commessa, che con sguardo mieloso mi fa capire che la cosa non è gradita, e continuo a leggere. Voglio sapere chi è Étienne de La Boétie.

Étienne de La Boétie scrisse i Discorsi all’età di circa 18 anni e morì all’età in cui morì Cristo. Fu un uomo capace di scorgere nel suo presente i problemi del futuro, tanto che il suo libro potrebbe benissimo essere stato scritto oggi. I suoi studi inquadrano il rapporto di sudditanza tra il dominante (il tiranno) e i subordinati (la massa). La tesi è semplice: l’asservimento della massa non “si può ottenere esclusivamente con la forza, la violenza e il terrore”, ma discende da una compiacente concessione dei sudditi: la servitù volontaria. Una concessione che ha quattro cause: 1) “l’abitudine, impartita da famiglia, contesto e tradizione”, la quale fa credere che la divisione sociale sia un dato di fatto, qualcosa di intrinseco allo stato di natura nel quale si è nati (gli aristocratici hanno il sangue blu, tu rosso, cosa ci vuoi fare?); 2) “le merci dell’industria culturale e gli slogan della propaganda pubblicitaria e politica” (anticipazione della società dello spettacolo); 3) la convenienza: “le briciole e la corruzione che cadono dal tavolo del padrone nutrono una sterminata schiera di subalterni, avvelenando l’interno corpo sociale; 4) “l’ingannevole fantasmagoria” dietro cui “da sempre il potere si nasconde”: l’ideologia.

Ma chi è il tiranno? Étienne de La Boétie ne individua tre tipi: quelli che “ottengono il regno per elezione da parte del popolo”; quelli che lo ottengono “con l’uso delle armi”; quelli che lo ottengono “per successione di stirpe”. I primi “trattano i sudditi come se avessero di fronte tori da domare”; i secondi “come se fossero la loro preda”; i terzi “pensano di farne i propri schiavi naturali”. E allora, come uscirne? Se il dominio è imposto artificialmente e con la forza, se esso è ingannevolmente mostrato come naturale (mentre l’uomo è stato creato per vivere in comunità, e “a nessuno può saltare in mente che la natura abbia qualcuno in servitù, avendoci posti tutti in compagnia”), basta davvero non servire più il tiranno per essere liberi? E chi ci dice di fare ciò, non è anch’esso un tiranno in nuce? E sono davvero “i libri e il sapere, più di ogni altra cosa, [che] danno agli uomini il sentimento e l’intelligenza per riconoscersi e per odiare la tirannia?” Ed è vero che “del male di cui soffre, il popolo preferisce di norma accusare non il tiranno, ma i governanti?” E chi è il tiranno oggi? Il sistema dei consumi, la Trojka, la Merkel?

Sono arrivato a pagina 68 quando mi accorgo che la commessa mi sta fissando. Il suo sguardo mieloso ora sembra una paresi. “Lo compra?” mi dice. “Certo, è un regalo, mi può fare il pacchetto?” A quel punto mi reco alla cassa, pago e me ne vado. “Signore!” mi insegue la commessa sul marciapiede. “Si è dimenticato il suo regalo”. “No, signorina, quel regalo è per lei. Ma non è da parte mia. È da parte di un amico. Si chiama Antonio”.

*Étienne de La Boétie, Discorso della servitù volontaria, Universale Economica Feltrinelli / Classici, febbraio 2014, pagg. 128, euro 8,50.

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