Ho avuto un’interessante discussione con amici avvocati. Alla fine abbiamo convenuto che la differenza sostanziale tra un avvocato e un giudice sta nel modo di pensare. Un avvocato sviluppa il suo pensiero lungo un piano: dispone fatti e argomentazioni in funzione di una tesi precostituita; il suo modo di pensare è orientato a farla prevalere. Un giudice pensa in modo sferico: segue le differenti direzioni che fatti e argomentazioni suggeriscono; il suo modo di pensare è orientato a vedere dove lo portano. Naturalmente entrambi possono essere più o meno abili, preparati, intelligenti; e le loro conclusioni possono essere giuste o sbagliate. Non era questo il punto: ciò che ci interessava era analizzare il differente meccanismo razionale.
Il pensiero piano e il pensiero sferico non sono una caratteristica esclusiva del settore giudiziario; in realtà sono i due sistemi con cui le persone affrontano il mondo. Naturalmente, la prima contrapposizione che viene in mente è quella tra l’egocentrico e il disinteressato. Ma ve ne sono altre non così caratterizzate eticamente. Il credente e il laico, per esempio. In ogni modo, al di là delle classificazioni, sta di fatto che il pensiero piano spinge le persone a privilegiare ciò in cui credono; e il pensiero sferico le induce al dubbio.
Ovviamente il pensiero piano ha una forza intrinseca che quello sferico non ha: è aggressivo, semplificatore, divide le persone in alleati e avversari. Ha bisogno di un nemico. Il pensiero sferico gli è ontologicamente incompatibile: non è necessario che l’oggetto del pensiero piano non sia condiviso; è sufficiente che sia analizzato senza un’entusiastica approvazione preventiva.
Al momento, il pensiero piano domina il mondo della politica e dell’informazione. Bisognava impedire che i comunisti si impadronissero dell’Italia: per questo è nata Forza Italia; chiedersi se i comunisti esistevano veramente e – se sì – quanto fosse un male che partecipassero alla vita politica è evidente dimostrazione di comunismo. Marchionne ha distrutto la Fiat per salvare la Chrysler e assicurare pingui dividendi agli azionisti: chiedersi se non sia questo il compito dell’impresa privata e se non doveva essere la politica italiana a garantire condizioni competitive per lo sviluppo industriale del paese è evidente dimostrazione di capitalismo selvaggio. Entrambi gli esempi ben evidenziano il dominio del pensiero piano nel mondo dell’informazione.
Giornali e Tv non falsificano i fatti (quasi mai), anche perché la smentita danneggerebbe il risultato che si vuole ottenere; ma li presentano in modo orientato alle tesi che hanno scelto: per ragioni politiche, economiche, anche soltanto ideologiche. Articoli, commenti, interviste, fotografie, tutto è funzionale a dimostrare la validità della tesi che si è deciso di sostenere. E non importa che sia giusta o sbagliata, quello che conta è che non sia messa in discussione. Non ci devono essere voci critiche, al massimo voci contrarie; pensiero piano contro pensiero piano. Ecco perché chi compra un giornale ne conosce in anticipo il contenuto e lo condivide a priori, chi assiste a un qualsiasi programma di approfondimento o talk show televisivo, può prevedere – in funzione del network scelto – quale ne sarà la conclusione che è proprio quella che si aspetta. La chiamano “linea editoriale”. Non mi pare una buona cosa.
Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2014