L'esposizione, aperta dal 6 giugno, ospita circa trecento artisti, senza limiti di età, provenienza o genere, in quattro sedi diverse. Nessun ammiccamento alle mode
La Triennale di Arti Visive, Roma, 2014: dal 6 giugno nasce una nuova e ampia manifestazione, con una sigla autorevole, ma dal sapore nostalgico, da paese d’altri tempi, dedicata alle arti visive del contemporaneo. L’impulso da cui prende il via è quello di una possibile rinascita, incentrata sul tema della complessità del presente intrecciato con il senso inevitabile dell’effimero. Preceduta da un’edizione ridotta nel 2011 (incentrata su risultati tangibili della più pittorica Scuola Romana) ospita circa trecento artisti – senza limiti di età, provenienza e genere – in quattro sedi espositive romane, a cominciare dalla principale (con duecentoventi presenze), la Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza”, seguita da tre padiglioni collaterali (con i restanti ottanta artisti), presso il Palazzo Pontificio Maffei Marescotti, il Museo Venanzo Crocetti e la Galleria Arte Maggiore. Il suo direttore artistico, Daniele Radini Tedeschi, intende disinteressarsi alla moda e al mercato, cercando la verità di una nuova iconografia del contemporaneo: “Non desidero lanciare un’avanguardia, ma registrare una nuova estetica, la ‘Tiltestetica’, ovvero l’arte che, dopo gli sconquassi novecenteschi e i vari ritorni all’ordine, vive il suo ingorgo con le vigenti estetiche in tilt”.
La rassegna è impostata come un libero contenitore per indagare l’oggi nell’arte, un’iniziativa che vuole immergersi nella creatività senza limitazioni e paraocchi. I decenni appena trascorsi appaiono connotati in correnti dominanti, dall’Arte Povera nei ’70, la Transavanguardia negli ’80, fino al neo-manierismo e al ritorno al concettuale nei ’90. Più complesso appare decifrare e codificare, tra uso della fotografia e del video, nuova pittura e neoscultura, il percorso artistico che va dal 2000 ad oggi. Un decennio dominato da un’assenza del gusto, che ha provocato singolari mutazioni: una cristallizzazione tra livelli diversi e la contaminazione fra stili e generi differenti, impensabile in tutto il secolo precedente.
La Triennale di Arti Visive di Roma si propone di interpretare tali diversità linguistiche fuse in una parola comune, cercando di decodificare i segni e le radici dell’attualità. Il tema risponderà quindi ai criteri dell’evanescente, del poetico e del fantasioso. Lo scopo delle mostre sarà ‘analitico’, una sorta di contenitore-indagine: solo dopo si potrà diagnosticare lo stato delle cose e definire una mappatura del reale. Il 6 giugno inaugurerà le mostre Achille Bonito Oliva che presenterà il libro Tiltestetica (Editoriale Giorgio Mondadori) scritto da Radini Tedeschi. A selezionare le opere una vasta commissione scientifica – capitanata dal direttore artistico – con Egidio Maria Eleuteri, Fabrizio Romiti, Sergio Rossi, Stefano Valeri e i membri esterni Luciano Carini, Gianni Dunil, Federica Peligra, Annalisa Fanti, Galleria d’Arte Mentana, Stefania Pieralice, Giorgio Vulcano, Simone G. Pieralice.
Tra le opere presenti figurano lavori di Ennio Calabria, Mario Schifano, Franco Angeli, Franz Borghese, Alfonso Leto, Piero Pizzi Cannella e Mark Kostabi. L’intero evento, organizzato da “La Rosa dei Venti”, con il Patrocinio della Regione Lazio, della Sapienza, della Provincia di Roma e di Roma Capitale sarà visibile al pubblico dal 6 al 13 giugno 2014.
da il Fatto Quotidiano del 31 maggio 2014