Plexiglass, rocce per acquario, contenitori per birre, porte, gomma, alluminio, vernice, camera d’aria, flaconi, bottiglie di liquore, schermi per luci, erba finta, bicarbonato di sodio, finto rivestimento in legno, piante di plastica, polistirolo, sacchetti di plastica, lettiera per gatti, filtro dell’aria, stampo in gesso, cartellone pubblicitario, riviste di carta: questa è solo una minima parte dei numerosi materiali e oggetti che compongono “Course of Empire”, una delle 33 opere firmate da Nick Van Woert, che dal 30 maggio e fino al 7 settembre 2014 saranno esposte al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna per la mostra intitolata Nature Calls.
Prima esposizione ragionata in Italia sul giovane artista contemporaneo originario di Reno in Nevada e con laboratorio a Brooklyn (New York). Tutti lavori che mescolano materiali tra i più disparati per un artista che si definisce “pittore paesaggista”: “Uso Arbre Magique o spugne da bagno, detersivi e ceri da cimitero, perché sono oggetti che uso nella mia vita o appartengono a persone che mi interessano. Oggetti che servono come cura, ma che in realtà nascondono il caos”. Poi ci sono i contenitori in plexiglass, parallelepipedi zeppi di sabbia e liquidi, espositori seriali che contengono ordinate classificazioni di materiali eterogenei apparentemente innocui, ma che se visti singolarmente possono dar vita a combinazioni inquietanti e pericolose. Come ad esempio il gel per capelli e cloro, banali presenze dell’ambiente domestico, ma che se mescolati possono generare una sostanza incendiaria: come scritto e suggerito dai manuali di sabotaggio di Ecodifesa, nei manuali dell’esercito statunitense dove s’informa su come provocare disastri servendosi di sostanze d’uso comune, o ancora nelle tragiche peripezie di Unabomber/Ted Kaczynski.
“Un altro tema ricorrente nella ricerca di Van Woert”, spiega Gianfranco Maraniello, curatore della mostra, e direttore del Mambo, “è la dialettica tra ambiente artefatto dalla pervasiva presenza umana e natura governata dal caso, che trova origine nelle stesse origini dell’artista, nato e cresciuto a Reno (Nevada), città del contrasto tra le architetture fantasmagoriche del gioco d’azzardo e la rude realtà del deserto circostante. Pensiamo a quelle sculture classicheggianti presenti nelle sale da gioco che Van Woert combina con forme organiche, come carbone e resina, fino a farle diventare figure mitologiche”. “Si tratta di uno degli artisti più rappresentativi della scena statunitense di inizio secolo”, prosegue Maraniello, “influenzato anche da un’idea di arte post 11 settembre, dove dietro all’illusione del progresso, al paradossale ritorno alla natura dei movimenti contestatari, si scorge una violenza che viene trattenuta”.
“Nature Calls” rimarrà visitabile per tutta l’estate esclusa la settimana di Ferragosto al Mambo, uno dei sette musei comunali bolognesi in questi giorni al centro di una polemica sorta attorno ad un bando di gara del Comune di Bologna che vede riassegnati a società esterne i servizi di accoglienza dei musei civici, ma soprattutto, come sostengono i dipendenti pubblici in stato d’agitazione, la didattica e la programmazione: “I lavoratori non si preoccupino, almeno fino al 2017 quando scadrà il bando non sarà fatta nessuna esternalizzazione o privatizzazione come loro affermano”, puntualizza Maraniello, anche direttore dell’intera Istituzione Bologna Musei, “i programmi didattici verranno comunque ancora approvati dai responsabili dei singoli musei. Nessuno mette in discussione questo principio, non ci sarà nessun demansionamento dei dipendenti pubblici dei musei civici bolognesi”.