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Carmen e la cultura degli assenti

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Si chiama Carmen Pellegrino, fa l’abbandonologa. Giovane, molto bella, vive a Napoli. Leggo i suoi post su facebook, sono drammatici oppure evocativi. Racconta di luoghi mai visti, galleggiano nella sua stranissima percezione del mondo. Carmen è una scrittrice, uscirà con il suo romanzo non so ancora quando, ma so che lo farà con Giunti. Così un pomeriggio mi ritrovo a fissare un giardino infestato dalla robbia, forse era una casa patrizia. E ho pensato a Carmen, ai suoi paesaggi lunari: mi ha contagiato un pochino.

Vorrei capire chi sono gli assenti, voglio fare come lei, che frequenta i funerali degli sconosciuti, piangendo lacrime vere, con tutta la pietà nel cuore. Cerca gli assenti, li accudisce può darsi, lo farà anzi, senz’altro. Ogni tanto pubblica foto di paesi spettrali, dove esultano gli assenti, ancora una volta. Ormai conosco gli assenti, sì, perché sono gli amici di Carmen. Oppure salva certi innesti che vogliono morire, sopra il banco di un fioraio, lungo la strada per Posillipo. Non so Carmen, talvolta dico: ma esiste davvero? Sì, esiste.

Esiste, Carmen e io siamo amiche, come lo si può essere sui social network, con quel coinvolgimento rapido e onesto che unisce con fortissime empatie il destino di sconosciuti. Appunto gli sconosciuti, sono gli amici di Carmen, che ho ascoltato in tv raccontare del sentimento delle rovine. Quel che non si vede, in fondo, è quel che conta. Allora rifletto anch’io: vorrei avere il suo stesso sguardo sulle cose. I suoi sentieri tanto diversi dai nostri accedono a boschi arrampicati dentro segrete nostalgie. Si inerpica lungo strade battute dagli assenti, oh sempre loro.

Però nel suo balcone brillano al sole semi di viole o di margherite. Intanto cerca quel che resta, l’abbandonologa, i lutti nelle cose. Lei dice: “ Provo una specie di premura per i ruderi. Come per le cose che hanno perduto la destinazione d’uso, e ora stanno e non attendono nulla, se non la parola che sgorghi dal fondo di chi le guarda. Non ci sono spettri, spiriti delle infestazioni”. Oramai sono avvinta dalla sua vocazione, eppur non riesco a raggiungerla, cerco le ombre di Carmen, la traccia di chi è andato, mi fermo a ogni rudere che incontro, dalle grate di qualcosa, non vedo nulla, nemmeno gli assenti. Maioliche rovinano su muri franati, antichi rosoni occhieggiano da vecchi palazzi del centro. Non sono i paesi morti di Carmen. Ma non sono morti. Carmen ha scritto: “ Ci sono i fantasmi dell’immaginazione, quelli sì, i fantasmi delle cose, senza dei quali nessuna comprensione è possibile. Mi rasserenano, come sono: fragili, rimorti e scampati, e comunque in piena luce”. Voglio incontrarli, rimorti e scampati. Perché non vediamo veramente le cose, che scivolano via, oltre una soglia, sfuggendo la nostra oziosa cecità.

 

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