L'Autorità di garanzia si esprimerà nella riunione del 3 giugno sulla mobilitazione indetta dai sindacati contro la scure prevista dal governo. Renzi: "Polemica umiliante". Poi il premier avverte i direttori del Tg1: "Volete fare carriera? State lontani da me allora"
E’ stato annunciato lo scorso 30 maggio, ma adesso lo sciopero dei lavoratori Rai contro il taglio di 150 milioni – su cui il governo non intende fare retromarcia – dovrà passare dalle Forche Caudine dell’Autorità di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali. L’organo nella seduta di martedì 3 giugno valuterà la legittimità della mobilitazione indetta dai sindacati per il prossimo 11 giugno.
Torna sull’argomento anche il premier Matteo Renzi, ospite del Festival dell’economia di Trento: “Vogliono fare sciopero? Lo facciano… poi andiamo a vedere quanto costano le sedi regionali. E’ umiliante questa polemica sullo sciopero, quando nel Paese reale tutte le famiglie tirano la cinghia”. Poi il premier lancia un avvertimento ai direttori del Tg1, da sempre considerati “filogovernativi“: “A quelli che vogliono fare carriera in Rai dico ‘state lontani da me perché in questi termini non conto niente…'”. “I direttori del Tg1 – continua Renzi – non abbiano come riferimento il Pd o chi vince le elezioni. La Rai deve essere fatta da professionisti e deve avere una governance. Lo spazio per costruire in tal senso c’è, anche se la partita è lunga”. Boccia lo sciopero anche il consigliere di amministrazione Rai e neopresidente delle Poste, Luisa Todini: “In questo momento l’unica cosa che serve alla Rai è il dialogo, non credo che lo sciopero possa fare bene all’azienda e alle sue eccellenze. Anche nelle aziende migliori ci sono sacche di inefficienza e sono quelle che vanno colpite”.
Tornando alle ragioni dello sciopero – che prevede anche una manifestazione a Roma -, i sindacati protestano perché il taglio “drastico mostra evidenti profili di incostituzionalità” e “non colpisce gli sprechi ma i posti di lavoro creando le condizioni per lo smantellamento delle sedi regionali e ancor peggio per la svendita di RaiWay alla vigilia del 2016 (data in cui dovrà essere rinnovata la concessione per il servizio pubblico), lasciando intravedere inquietanti ritorni a un passato fatto di conflitti di interessi e invasione di campo dei partiti e dei Governi”. Ma per il governo il taglio di 150 milioni previsto dall’articolo 21 del Dl Irpef: “Resta. Il governo – ha ribadito pochi giorni fa il viceministro all’Economia Enrico Morando – è invece disponibile a valutare l’esclusione della televisione pubblica dall’articolo 20 che taglia sulle partecipate”.
L’iniziativa del governo viene vista di buon occhio da Agostino Saccà, ex direttore generale Rai e ora produttore televisivo: “Renzi chiama la Rai a una sfida da accettare. Il presidente del Consiglio non è contro l’azienda, le sue parole vanno lette come un atto che stimola a comportamenti più rigorosi”. “Il governo – spiega Saccà – chiede un sacrificio che si può fare. Renzi può essere il più grande alleato della rinascita della Rai, dopo il lavoro staordinario fatto da Luigi Gubitosi sui conti e sull’assetto dell’azienda. Chi correrà questa sfida pensa che l’azienda non è un carrozzone”.
La protesta dei lavoratori di viale Mazzini arriva anche al Giro d’Italia. “La Rai è di tutti, non va rottamata”. E’questa la scritta che appare su uno striscione esposto a Trieste, dove si chiude il Giro, a pochi metri dal traguardo di piazza dell’Unità d’Italia.