Matteo Renzi rilancia. Dopo il bagno elettorale fa ripartire l’orologio, in tutti i sensi. Riforme istituzionali, del fisco, della giustizia, della Pubblica amministrazione. Tutte questioni già sul tavolo, già dal giorno della celebre conferenza stampa con le slide. Ma l’orologio riparte da ora. E il presidente del Consiglio aggiunge una data: “Entro luglio farò un provvedimento che si chiama ‘sblocca-Italia’, che lascerà fare alla gente quel che vuol fare e consentirà di sbloccare interventi fermi da 40 anni”. Il capo del governo si presenta sul palco del Festival dell’Economia di Trento per una lunga intervista con il giornalista Enrico Mentana. E annuncia un nuovo piano delle riforme, dopo che lo scadenzario degli inizi faticava ad essere rispettato. Renzi spiega che entro 15 giorni i primi cittadini dovranno rivolgersi a Palazzo Chigi e indicare i problemi locali: “Dagli investimenti bloccati per l’imprenditore al sindaco bloccato dalla sovrintendenza, fino all’imprenditore straniero pronto ad investire a Milano se non avesse i permessi bloccati”. A Palazzo Chigi, spiega Renzi, ci sarà la cabina di regia del “sblocca-Italia” che “avrà un responsabile ad hoc”.
Il presidente del Consiglio promette un nuovo piano per le riforme e interventi immediati. E non si risparmia un attacco ai gufi e a chi rema contro il progetto. Così parla anche della Rai e dello sciopero annunciato per l’11 giugno dai dipendenti dell’azienda pubblica: “Vogliono fare sciopero? Lo facciano..poi andiamo a vedere quanto costano le sedi regionali.. E’ umiliante questa polemica sullo sciopero, quando nel paese reale tutte le famiglie tirano la cinghia. E’ una polemica incredibile. E’ una situazione umiliante. A questo punto, se vogliono aprire una riflessione sulla qualità del servizio pubblico, bene, altrimenti la protesta lascia il tempo che trova”.
Renzi si presenta rilassato e “spavaldo” dopo la vittoria elettorale. E parla del suo sogno di far diventare l’Italia “smart”. “La carta ce l’ho da adesso. Tra 10 anni mi immagino un’Italia smart. Non dico cool, perché magari fa storcere il naso e allora diciamo che immagino un’Italia bella, che faccia andare i giovani all’estero ma che li faccia ritornare perché è attrattiva”. Rilancia poi i due temi di riforme istituzionali su cui ha puntato fin da subito, fin dai mesi precedenti al suo arrivo a Palazzo Chigi. “La prossima settimana – annuncia – riparte la discussione sulla riforma del Senato e dopo l’approvazione in prima lettura torniamo alla legge elettorale”. Basta rallentamenti. “E’ ora di chiuderla con la stagione politica degli alibi. Se non facciamo le riforme, è colpa mia. Abituiamoci ad avere politici che si assumano responsabilità”. E a questo proposito, aggiunge il capo del governo, “la riforma del Senato molti dicevano che era messa in piedi a casaccio. Invece è frutto di 30 anni di dibattito”.
Lo scadenzario delle riforme del governo sta diventando via via un po’ diverso, meno serrato, da quello presentato i primi giorni. “La riforma della pubblica amministrazione (prevista inizialmente per aprile, ndr) sarà in parte per decreto e in parte con un ddl delega. Bisogna rovesciare il rapporto tra lo Stato e la Pubblica amminstrazione, cambiare le regole del gioco”. Poi la giustizia, attesa “entro giugno” secondo le intenzioni iniziali: “La giustizia civile sembra barbara ma entro il 1 luglio avremo il disegno di legge delega e questa riforma”. Mentre la frenata, ammette Renzi, c’è sul fisco che avrebbe dovuto vedere una trasformazione a maggio. “La delega fiscale l’ho bloccata un po’ io – dice – martedì approfondiremo alcune cose con Padoan” tuttavia “il fisco dev’essere una cosa semplice e invece abbiamo destagionalizzato il lavoro dei commercialisti. Il meccanismo di cambiamento è appena cominciato”.
Fin qui la politica interna. Ma non dimentica che presto l’Italia dovrà avere un ruolo oltre confine. Renzi da una parte si dice tranquillo su eventuali valutazioni dell’Europa (“Non ho timori”) e interviene anche sul dibattito che porterà alla formazione della nuova commissione europea. “Io non credo che ci sia un problema Juncker, può essere un nome ma non il nome – risponde il presidente del Consiglio a una domanda di Enrico Mentana – Certo il problema della democrazia europea non si risolve così parlando solo di problemi. Bisogna avere una visione alta di indirizzo, la politica deve fare questo”. “Non si fanno battaglie su base nazionale o di passaporto – precisa – Il Pd ha preso più voti assoluti della Cdu ma il consenso non va messo in una battaglia sui posti. Quest’atteggiamento rovina e distrugge l’impostazione filo-europea. Non è un problema di nomi ma di scelte, le nomine sono conseguenza delle scelte”.
Cambiare verso anche alla Commissione europea, insomma. Bastino un paio di temi, oltre alla “madre di tutte le battaglie che è il lavoro” ribadisce (come in campagna elettorale) il capo del governo e segretario del Pd. Intanto le politiche economiche che finora “hanno portato ad una disoccupazione senza precedenti in Italia. O si riparte con una nuova politica europea, con investimenti industriali e nuove regole sul lavoro, o non se ne esce”. Un altro tema è l’immigrazione. “L’Unione europea dice tutto sui decreti e sulle regole per la pesca ma se un bambino di tre anni affoga, girano la testa” dice Renzi, riprendendo anche in questo caso un cavallo di battaglia già usato durante i dibattiti pre-elettorali. Il presidente del Consiglio aggiunge che la necessità è “che l’Italia porti sul tavolo della discussione un pacchetto di proposte concrete”.