Dal grande e piccolo schermo (e ritorno)
Home Alone (1991), con il piccolo Kevin alle prese con i due ladruncoli penetrati in casa; Predator (1987) e Alien vs. Predator (1993), uno dei tanti crossover ideati sull’onda del successo di film e saghe famose; Back to the Future (1985), il primo di una lunga sfilza di videogame scaturiti dall’omonima trilogia (1985-1990). Giochi debitori di ben note serie cinematografiche, mentre Fester’s Quest (1989), con The Addams Family (1992) e altri prodotti successivi, trae ispirazione dalla macabra famiglia di una famosa serie televisiva (e, prima ancora, di un fumetto). Da un’altra serie tv, Teenage Mutant Ninja Turtles (1987), approdano al mondo dei videogiochi (1989) le tartarughe, addestrate nell’arte del ninjutsu, dal nome d’artista: Leonardo e Raphael (Raffaello), Michelangelo e Donatello.
Anche la filmografia horror, fra gli anni Ottanta e Novanta, registra un ottimo seguito tra i produttori di videogiochi: da Venerdì 13 (Friday the 13th, 1989) a Nightmare (A Nightmare on Elm Street, 1990). In Splatterhouse (1988) due studenti universitari, Rick e Jennifer, si rifugiano in un palazzo desolato che è stato luogo di terribili esperimenti. La porta si chiude alle loro spalle; lei urla e scompare, lui si risveglia nelle segrete dell’edificio con una maschera sacrificale che gli dà una forza sovrumana: dovrà vedersela con mostri e paurose creature. Notti insonni anche con Alone in the dark (1992), capostipite del survival horror: nel 2005 sbarcherà sul grande schermo (del 2009 il sequel); identica sorte per un classico del genere, Resident Evil (1996), che vedrà Milla Jovovic nella parte della responsabile della sicurezza di un laboratorio in cui si progettano armi batteriologiche. Ben altra l’atmosfera di Zombies Ate My Neighbors (1993), parodia di horror movies di serie B, con i giovani Zeke e Julie che affrontano zombie e vampiri, lupi mannari e bambole diaboliche, vermi e formiche giganti e altro ancora, con pistole e tosaerba, piatti ed estintori, crocifissi e pomodori.
Ma sono anche i videogamers a motivare i cineasti. In Doom (1993) compare un marine spaziale di verde vestito, deportato sul pianeta Marte per aver aggredito il superiore che gli aveva ordinato di sparare sui civili; nel 2005, regista il polacco Andrzej Bartkowiak, diventerà un film. Nella hall of fame dei videogame c’è anche Street Fighter II: The World Warrior (1991), con Ryu, Ken, Guile, Honda e altri lottatori, maestri di arti marziali, chiamati a partecipare a un torneo mondiale; ad aprirgli la strada Street Fighter (1987), il primo di una lunghissima sequela di videogame che avrebbe visto Guile impersonato, nel film dedicato alla serie (Street Fighter, 1994), da Jean-Claude Van Damme. Un altro grande torneo di arti marziali è inscenato in Mortal Kombat (1991), anch’esso con tanto di pellicola (anzi: pellicole) al seguito.
Non solo tv e cinema
L’industria dei videogiochi ha sempre avuto un occhio attento per ambienti e personaggi di fumetti e disegni animati: Batman e Superman; Asterix e l’orso Yoghi; i Simpson e il clownesco idolo di Bart, il primogenito di casa (Krusty’s Fun House, 1992); le guerriere sailor, provenienti da anime e manga, con le loro tipiche divise scolastiche alla marinaretta (Sailor Moon, 1993); il variopinto circo di Animaniacs (1994) e i due sguaiati teppistelli di Beavis and Butt-head (1994).
Black Belt (1986) e Last Battle (1989) sono i primi videogiochi risultato della trasposizione di un altro anime e manga: Ken il Guerriero (1983). Un grande successo è Toki (1989), dal nome di uno dei personaggi principali del fumetto giapponese. Il protagonista, trasformatosi in uno scimmione, dovrà superare innumerevoli peripezie per liberare da un malvagio sciamano, ma guarda un po’, una bella principessa.