I pm che indagano nell'ambito dell'inchiesta sulla mancata scorta al giuslavorista hanno ascoltato la testimonianza dell'ex direttore del Servizio segreto interno: "Quale è stato il cortocirucuito che l'ha lasciato senza protezione? Non lo so. Bisognerebbe conoscere tutta la vicenda"
“Ho reso una testimonianza sui fatti di mia conoscenza e per quello che competeva a me”. Lo ha detto l’ex direttore del Sisde Mario Mori, lasciando la Procura di Bologna dove questa mattina è stato sentito dai pm che indagano nell’ambito dell’inchiesta sulla mancata scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso nel 2002 sotto le due Torri dalle Nuove Br. Mori ha quindi reso la sua testimonianza “per quello che mi ricordavo -ha precisato parlando con i cronisti- perché sono passati alcuni anni”. A chi gli chiedeva quale, a suo avviso, sia stato l’eventuale corto circuito per cui Biagi è rimasto senza protezione nonostante le sue stesse richieste, Mori ha risposto: “Non lo so, bisognerebbe conoscere tutta la vicenda”. “Mi hanno fatto fare la ricostruzione delle mie competenze all’epoca”, ha concluso Mori, riferendo quanto gli hanno chiesto gli inquirenti che lo hanno sentito in qualità di persona informata sui fatti.
Due note del Sisde, una del dicembre 2001, l’altra del febbraio 2002, entrambe inviate anche e come primo indirizzo della lista al ministero dell’Interno. In particolare su queste due note si è concentrato l’interesse degli investigatori che hanno sentito nuovamente il generale Mario Mori. Entrambe le note del Servizio concludevano evidenziando che l’obiettivo delle nuove Brigate Rosse erano i “cosiddetti uomini cerniera, tecnici e consulenti che ricoprono ruoli chiave, come in passato Giugni, Ruffilli e D’Antona”, aggiungendo che questi soggetti erano impegnati per il Governo “nell’attuazione di complessi programmi di riforme economico-sociali, in particolare nel mondo del lavoro”. Nella nota di febbraio 2002 si arrivava a specificare che i movimenti terroristici avrebbero potuto realizzare “azioni dimostrative anche gravi a obiettivi simbolo, nei confronti di soggetti che non beneficiano di misure di protezione, ma che svolgono funzioni ritenute emblematiche delle politiche del Governo“. Mori – riferisce lagenzia di stampa Ansa – sarebbe quindi stato sentito per attualizzare le riflessioni dell’epoca, alla luce dell’acquisizione dei nuovi elementi che hanno portato a riaprire l’indagine.