Migliaia di persone in piazza. Bandiere repubblicane e striscioni contro la Monarchia. L’annuncio dell’abdicazione di re Juan Carlos I a favore del figlio Felipe ha fatto tremare le città iberiche. Ieri sera (lunedì 2 giugno), alle 20, gli spagnoli si sono dati appuntamento per rivendicare il diritto di decidere sulla continuità della monarchia parlamentare. Associazioni, partiti politici – soprattutto Izquierda Unida, Podemos ed Equo – ha chiesto un referendum.

Le proteste, convocate in poche ore attraverso le reti sociali, hanno mobilitato gran parte dei simpatizzati di sinistra, mentre su Avaaz e Change si raccoglievano più di 110 mila firme a favore di una Terza Repubblica e Twitter ribolliva di commenti con gli hashtags #IIIRepublica #APorLaTercera #ReferendumYA. Le grida, i balli, gli slogan e le parole di migliaia di persone riunite – alla Puerta del Sol di Madrid oltre 20mila – suonavano a futuro, anche se gonfio di scetticismo. “Sono qui perché credo che sia arrivato il momento di cambiare sistema, anche se sarà molto difficile” raccontava MariCarmen, pensionata e appartenente al movimento degli iaioflautas (i nonni indignati) di Valencia. Nella città che un tempo fu la capitale spagnola della II Repubblica, un enorme ghigliottina di legno, coperta da una bandiera repubblicana, faceva capolino tra la folla di giovani e meno giovani nella piazza dell’Ayuntamiento. Perfino un ex guerrigliero dei tupacamaros dell’Uruguay sventolava la sua bandiera repubblicana. Accanto alcuni politici di Esquerra Unida del País Valenciá, Compromis e i ragazzi di Podemos, il nuovo partito guidato dal famoso professore Pablo Iglesias, rivelazione nelle ultime elezioni europee. “Vogliamo scegliere tra monarchia e repubblica, che in realtà è come scegliere tra monarchia e democrazia”, hanno detto sorridendo all’unisono.

Nel frattempo a Madrid il loro leader ripeteva: “Non siamo sudditi, siamo cittadini”. Cayo Lara, a capo di Izquierda Unida, da Puerta del Sol ha precisato: “La Costituzione vale meno di una cartina per fumare; hanno rovinato lo spirito del 1978 e per questo è necessario un nuovo processo costituente. Ma prima un referendum”. Alberto Garzón, deputato di IU, ha poi aggiunto sorridente: “La scorsa domenica milioni di voti a sinistra e oggi abdica il re. Buona Primavera!”

Anche a Barcellona, dove si contavano almeno 5mila persone, il refrain è stato lo stesso. In piazza, accanto alla bandiere repubblicane, le estelades a stelle e strisce dell’indipendenza e cartelloni con le scritte: “I catalani non hanno un re”. Come a dire che, nonostante il cambio al vertice della Casa Reale, il 9 novembre ci sarà lo stesso il referendum per l’autonomia, con o senza Felipe VI, come ha già ribadito lo stesso Artur Mas, presidente della Generalitat, subito dopo la notizia delle dimissioni di Juan Carlos.

Manifestazioni significative anche in Andalusia, isole Canarie, Paesi Baschi e Galizia. In questa regione, nella città di Vigo, una concentrazione di giovani ha portato per le strade uno slogan ripreso da tutti i media spagnoli: “la Zarzuela, el próximo desahucio” (Palazzo reale, il prossimo sfratto). Solo petizioni di piazza? Forse. Dentro las Cortes, l’organo che riunisce Camera e Senato spagnolo, pare sia già tutto deciso: il 90 per cento dei deputati appoggia la successione. Felipe VI potrebbe salire al trono il prossimo 18 giugno. E il premier Mariano Rajoy ha già detto la sua sulle concentrazioni di ieri sera: “Chiedono un referendum? Posso farlo, ma devo rispettare il procedimento stabilito dalla Costituzione. Se questa Costituzione non piace, propongano una riforma a las Cortes”.

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