Ma se Bonatti andava in pace molti lo seguirono senza lo stesso rispetto. E l’Amazzonia divenne terra di conquista. In cinquant’anni secondo il WWF un quinto della foresta è stato disboscato. Mentre nel sud-est asiatico la deforestazione è in gran parte causata dalle piantagioni di olio di palma, qui è la soia a farla da padrone. E sempre in funzione della nostra alimentazione, visto che la soia è uno dei principali ingredienti della dieta degli animali da allevamento.
Ma se la soia è una delle principali cause della deforestazione, c’è poi la raccolta del legname, e poi ancora le infrastrutture, soprattutto quelle energetiche. 412 dighe (avete letto bene: quattrocentododici dighe), di cui ben 256 nel solo Brasile.
Una delle più gravi minacce è rappresentata dalla diga Jirau realizzata dalla GDF SUEZ, uno dei principali sponsor dell’appena terminato Giro d’Italia.
Tanta energia perché il Brasile – che dell’Amazzonia possiede il 65% – è uno dei motori dello sviluppo nel mondo, uno dei paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). O forse lo era, se stiamo agli ultimi dati che riportano un PIL che cresce solo di un misero 0,2%. Forse i presidenti “di sinistra” non hanno distrutto a sufficienza? Ora il Brasile punta molto sui mondiali di calcio per un rilancio economico (un po’ come l’Italia con l’EXPO di Milano…), ma forse è una speranza infondata. Nemmeno la popolazione ci crede molto, visto che un brasiliano su due i mondiali neanche li vorrebbe.
Così il suo sviluppo dai piedi d’argilla sta lasciando per strada una foresta sempre più saccheggiata e popolazioni sempre più straniere in terra propria, che proprio approfittando del palcoscenico dei mondiali di calcio cercano di far conoscere al mondo i loro diritti calpestati. Gli indios che non vogliono fare la fine dei pellerossa dell’America del nord, deportati in minuscole riserve.
Sicuro che tutto questo il governo di Brasilia durante i mondiali cercherà di nasconderlo agli occhi del mondo, così come i nostri telecronisti sicuramente non diranno che la prima partita dei Mondiali dell’Italia si giocherà nel nuovissimo stadio di Manaus, che dell’Amazzonia è la capitale. E che la Arena da Amazonia, uno stadio da 40.000 posti costato 250 milioni di euro, è destinato a rimanere inutilizzato. Un’altra minuscola porzione di Amazzonia gettata via.