Cgil e Uil all'attacco di Renzi: "I tagli sono come un pizzo, si comporta come un pessimo ad". Il Pd: "Organizzazioni dei lavoratori lunari". L'M5s sostiene la protesta. Intanto le commissioni Finanze e Bilancio del Senato confermano il recupero di 150 milioni di euro dal canone, danno l'ok alla vendita di Raiway, ma "salvano" le sedi regionali
Lo sciopero è illegittimo, ma la guerriglia prosegue. Anche se il fronte dei sindacati perde un pezzo: la Uil rinuncia allo sciopero dell’11 giugno e chiede di tenere aperto il dialogo sul futuro dell’azienza. Una giornata decisiva per la Rai. Di certo raggiunge il suo apice lo scontro tra il governo Renzi e l’azienda di viale Mazzini. Non i vertici, bensì i dipendenti e i sindacati che hanno proclamato un’astensione dal lavoro che però il garante dice che non si può fare e che il presidente del Consiglio aveva definito “umiliante”. Le organizzazioni del lavoro confermano lo sciopero. anche se a tarda sera la prima defezione: la Cisl non fa ricorso al garante.
L’esecutivo e la maggioranza provano a tendere la mano escludendo la Rai – nel decreto Irpef – dai tagli decisi per tutte le partecipate e controllate dallo Stato e “salvano” le sedi regionali. Ma ai sindacati non basta. Il taglio da 150 milioni viene definito “una tangente”, “un pizzo” dal segretario della Uil Luigi Angeletti che, scatenatissimo, dice che Renzi “si comporta come un pessimo amministratore delegato”. La segretaria della Cgil Susanna Camusso insiste: lo sciopero va fatto, ma lo aveva detto prima della decisione del Garante. Tanto più che le stesse commissioni che si sono occupate delle sedi regionali e del no ai tagli hanno anche dato l’ok alla vendita di Raiway, ma soprattutto hanno confermato il taglio di 150 milioni a carico della Rai. Nel frattempo il direttore generale Luigi Gubitosi manda a dire, in un’intervista al Corriere, che la protesta è un errore e che l’azienda è pronta a fare sacrifici.
Il Garante: “Sciopero illegittimo”
Dunque lo sciopero del personale Rai è illegittimo. L’Autorità di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali ha valutato come “non conforme alla legge la proclamazione di sciopero dei sindacati dei lavoratori della Rai per il prossimo 11 giugno”. In particolare, la proclamazione “non rispetta la regola, ben nota alle organizzazioni sindacali, dell’intervallo di dieci giorni tra due scioperi che insistono sullo stesso settore, considerata, infatti, l’azione di sciopero del sindacato Usb prevista per il prossimo 19 giugno e precedentemente comunicata”. I sindacati ora dovranno adeguarsi o potrebbero subire delle sanzioni.
I sindacati all’attacco di Renzi: “Si comporta come un pessimo ad”
La guerriglia tra Renzi e i sindacati aggiunge un altro capitolo. Alla conferenza stampa si presentano i segretari nazionali di Cgil e Uil, Susanna Camusso e Luigi Angeletti che non usano certo toni diplomatici: “E’ grave sostenere che lo sciopero è umiliante”, dice la prima. “Il premier, che è bravissimo a fare le caricature, si comporta come un pessimo amministratore delegato” aggiunge il secondo. Nel frattempo una piccola prova di dialogo da parte del governo. La Rai viene infatti esclusa dai tagli ai costi operativi delle partecipate pubbliche, come stabilisce un emendamento dei relatori al dl Irpef Antonio D’Alì (Ncd) e Cecilia Guerra (Pd) approvato dalle commissioni Bilancio e Finanze del Senato. L’emendamento esenta la Rai, già oggetto di tagli per 150 milioni di euro, dalle disposizioni contenute nell’articolo 20 del decreto che stabilisce una riduzione dei costi operativi del partecipate del 2,5% nel 2014 e del 4% nel 2015.
Per essere più chiaro Angeletti la dice così: “Il nostro emerito presidente del Consiglio questa volta ha preso una cantonata” spiega all’incontro con la stampa al teatro delle Vittorie al quale manca invece il leader della Cisl Raffaele Bonanni. “Renzi – prosegue il segretario della Uil – avrebbe dovuto affrontare i problemi della Rai come un vero capo del Governo. Deve metterci la faccia e dire come si cambia la governance e fare un piano di rilancio e di sviluppo dell’azienda”. “Il sindacato dentro la Rai sta difendendo l’azienda e le persone che ci lavorano – ha detto ancora – Non ci stiamo all’idea che in questo paese tutto ciò che è pubblico è sinonimo di inefficienza e sprechi, perché così indeboliamo e abbiamo già indebolito il paese. Tutto è ammissibile tranne dire: noi tagliamo, poi quello che succede è un problema dell’azienda. In questo modo, va a finire che nel 2016 si potrà mettere in discussione il rinnovo della concessione della Rai: non ci vuole molto a far passare il concetto che il servizio pubblico può essere affidato a un privato”. Mentre secondo Bonanni “la decisione del Garante è l’occasione per riflettere sull’opportunità di bloccare la Rai con uno sciopero. Non dobbiamo trasformare questa vertenza in un inutile braccio di ferro dal sapore politico con il Governo. In questo momento non lo capirebbero soprattutto i cittadini che pagano il canone”.
La Camusso spiega che “questo decreto mette a rischio la Rai nella dimensione di servizio pubblico e come grande impresa del paese. La vendita di Raiway determina la perdita delle condizioni di sicurezza e capacità competitiva”. “La vendita di Raiway – ha proseguito Camusso – determina incassi di breve periodo, ma costi di lunga durata. Il problema generale di rendere le reti di trasmissione private mette a rischio il sistema paese”. “Altro tema è il mancato riconoscimento alla Rai di una quota del canone – ha detto ancora il segretario Cgil – il canone è una tassa di scopo, se cambia lo scopo questa non è una variabile indifferente per chi paga il canone, è un atto eticamente non accettabile. Se si vogliono ridurre i trasferimenti alla Rai, allora si abbassa il canone. Una grande azienda deve avere le risorse per andare avanti, il tema non è sottrarsi ai sacrifici necessari”. “Il terzo tema è quello delle sedi regionali – ha proseguito Camusso – si parla di razionalizzazione del servizio ma il vero problema è difendere un patrimonio importante della tv pubblica”.
La Cisl è invece presente con Vito Vitale, segretario della Fistel (la sigla dei lavoratori dell’informazione): “La nostra posizione non è di diniego allo sciopero, ma chiediamo una assunzione di responsabilità – dice – Il nostro coordinamento ha voluto lo sciopero – ha proseguito – ora abbiamo avviato una riflessione al nostro interno e Bonanni ha lanciato una richiesta di dialogo al Governo. Noi non vogliamo essere strumentalizzati come coloro che difendono contratti e consulenze milionarie e non vorremmo che la vertenza Rai risulti un problema insormontabile”.
A dispetto del mantra secondo il quale i partiti devono stare fuori dalla tv pubblica, il dibattito si fa subito politico. E il dato è che al fianco dei sindacati resta solo il Movimento Cinque Stelle. “Difendo lo sciopero della Rai nella parte in cui vuole difendere l’infrastruttura pubblica Raiway” dichiara il presidente della commissione di Vigilanza Rai, Roberto Fico, ospite di 24 Mattino su Radio 24. “Togliendo 150 milioni alla Rai vai a svendere l’infrastruttura pubblica per fare cassa – ha aggiunto Fico – Chi se ne avvantaggia è sempre il compratore. Se a metà anno perdi come mancato incasso 150 milioni di euro già programmati, vai a svendere un asset strategico, in questo caso le antenne di trasmissioni disseminate sul territorio nazionale che potremmo noi, in forma pubblica, mettere a reddito”. Per Fico, “la Rai comunque va assolutamente riformata. Va trasformata, deve cambiare il numero di testate giornalistiche perché sono troppe, bisogna rivedere la forma governance, si devono ridurre gli appalti esterni che oggi ammontano a 1,3-1,4 miliardi l’anno, bisogna riorganizzare le sedi regionali e il personale interno. Ma dietro i 150 milioni di euro non c’è una revisione della spesa, ma una svendita del bene pubblico”.
Chi critica i sindacati è invece il Pd. “Le dichiarazioni di Susanna Camusso sulla Rai sembrano lunari – affermano Michele Anzaldi e Andrea Marcucci – Mentre arrivano i dati Istat sulla disoccupazione ed è in corso la complicata risoluzione dell’emergenza Alitalia che si trascina da anni e porta 2.500 possibili esuberi, oltre che umiliante lo sciopero annunciato dai sindacati Rai è frustrante per gli italiani. La più grande mobilitazione che si ricordi della Rai contro il governo avviene per la difesa di una quota minoritaria delle torri, oltre che per i palazzi faraonici di alcune sedi regionali. Appare singolare che alcuni sindacati, invece di rivendicare la prima grande operazione di redistribuzione ai cittadini con gli 80 euro in busta paga, che arrivano anche dai sacrifici Rai, porti avanti una protesta senza costrutto che ha alimentato tanti dubbi proprio tra gli stessi dipendenti Rai. Alla Cgil sono veramente sicuri che in Rai non ci siano sprechi e privilegi da tagliare?”.
L’ex ministro per le Telecomunicazioni Maurizio Gasparri (Forza Italia) prova a far valere il suo lavoro passato: “Grazie alla legge Gasparri la Rai ha moltiplicato la sua offerta, Mediaset e La7 sono ben presenti sul mercato e Sky, che nacque fondendo due televisioni traballanti, è un’impresa dai grandi numeri. Si tratta quindi di continuare a far crescere un settore che in questi ultimi dieci anni ha generato più investimenti e più occupazione, non di metterlo in crisi con interventi rozzi e presunte azioni antitrust che sono ridicole nel momento in cui Murdoch fonde le sue televisioni creando un colosso rispetto alle nostre aziende”.
Codacons: “In caso di sciopero denunceremo giornalisti e dipendenti”
Di “contenimento dei costi” parlano invece Federconsumatori e Adusbef, un percorso che “va perseguito non con misure estemporanee, ma attraverso il varo di un serio piano industriale (se necessario, anticipando anche il contratto di servizio rispetto alla scadenza programmata del 2016). Vanno altresì eliminati sprechi, sovrapposizioni, privilegi, consulenze improduttive, emolumenti vertiginosi di ogni genere spesso derivanti da condizionamenti politici sia centrali che periferici”. Caricano la dose Codacons e Associazione Utenti Radiotelevisivi: “In caso di sciopero sarà inevitabile una denuncia nei confronti di giornalisti e dipendenti Rai per interruzione di pubblico servizio”.
Gubitosi: “Rayway svenduta? Non abbiamo mai parlato di cifre”
“Questo sciopero è un errore. La Rai fa parte del sistema. Ci è stato chiesto un sacrificio, e noi lo faremo”. In un’intervista al Corriere della Sera il direttore generale Luigi Gubitosi dice la sua sulla manifestazione indetta dai dipendenti del servizio pubblico per l’11 giugno. Lo sciopero è stato proclamato in seguito all’annuncio del taglio da 150 milioni di euro annunciato nei mesi scorsi dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli e confermato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. E pochi giorni fa il capo del governo era tornato sulla vicenda con particolare decisione: “E’ una polemica umiliante – aveva detto – Se lo avessero annunciato prima delle elezioni invece che il 41 avremmo preso il 42,8. Le famiglie tirano la cinghia e quindi dovranno tagliare anche loro”. Secondo Gubitosi, dunque, l’astensione dal lavoro non è la risposta. “Stiamo lavorando alla revisione del piano industriale – spiega il direttore generale della Rai – che ha già ridotto il personale: dal 2013 sono uscite 700 persone. La Rai va ringiovanita“.
Poi Gubitosi affronta la questione della vendita delle quote Ray Way. “Mentre in molti obiettano, la quotazione è già operativa. Abbiamo selezionato un gruppo di banche, di advisor. Chiudere entro l’anno è un programma ambizioso ma raggiungibile”; poi nega che si tratti di una svendita: “Si parla di svendita senza sapere il prezzo – dice Gubitosi – A differenza di quanto ipotizzato in passato, stiamo parlando del collocamento di una quota di minoranza. Rai Way è un piccolo gioiello, tanto che da più di dieci anni qualcuno tenta di comprarla. Alcuni di quelli che si dichiarano contro, tre anni fa erano per vendere”.
Anche sulle sedi regionali Gubitosi smorza le polemiche degli ultimi giorni: “Stiamo rivedendo il modo in cui operano”, comunque “preferisco parlare non di tagli ma di ottimizzazione, di crescita”. La riduzione degli stipendi dei conduttori, invece, “sta avvenendo”, assicura, “quando un contratto scade rinegoziamo in basso”. Il dg Rai sposa la linea degli investimenti nella tecnologia: “La digitalizzazione della Rai era il titolo di un libro ancora da scrivere, ora è un fatto”. Con la digitalizzazione, continua il dg, si può “rivedere in meglio l’organizzazione del lavoro, figlia ancora dell’accordo del 1975”. Poi una parola su Renzi: “Quando lo riterrà opportuno ci incontreremo e gli presenterò la situazione”.