Un grosso successo per un libro di economia, che ha il pregio di usare un linguaggio comprensibile, pur basandosi sui voluminosi dati di una ricerca sulle condizioni di novanta paesi del mondo. Anche se il Financial Times del 23 maggio ha contestato i suoi dati empirici, tuttavia è evidente che la disuguaglianza economica stia aumentando.
Piketty non è un marxista (malgrado il titolo) e ci tiene a ricordare che è fondamentalmente un liberista. “Sono un difensore del libero mercato e della proprietà privata – dichiara – ma vi sono limiti a ciò che il mercato può fare”.
Accolto con commenti positivi dalla critica e dagli addetti ai lavori, il libro di Piketty rimarca le preoccupazioni crescenti di parte conservatrice nei confronti di una pratica economica che ha pesanti conseguenze sulla vita di milioni di persone e rischia di provocare danni irreversibili alla società.
La sua tesi di fondo, molto simile per molti versi, a quella del premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz (Il prezzo della disuguaglianza, 2013), è che la disuguaglianza stia crescendo in maniera esponenziale e che questa crescita priva di controllo ucciderà il capitalismo. Una disuguaglianza diventata ormai politicamente ed economicamente insostenibile, a meno che non si ricorra a misure drastiche per ridistribuire la ricchezza, ricorrendo a una massiccia tassazione.
Curioso che due studiosi così distanti per preparazione, età e cultura – Stiglitz, americano, classe 1943, consigliere della Banca Mondiale, e Piketty, francese, classe 1971 – arrivino alle stesse conclusioni, dove sembra che la disuguaglianza sia da combattere, non tanto per l’evidente iniquità delle condizioni umane, quanto per i danni che può produrre al sistema economico.