Domani vedremo che cosa è disposta a fare la
Bce di Mario Draghi per combattere la deflazione, nella riunione più attesa del consiglio dai tempi del settembre 2012 quando fu annunciato lo scudo anti spread delle operazioni Omt che ha congelato la crisi dell’euro.
Secondo i
dati Eurostat diffusi ieri, l’inflazione nella zona euro continua a scendere: a maggio, su base annua, è stata pari
allo 0,5 per cento contro lo 0,7 per cento di aprile. Gli analisti si aspettavano 0,7. Perché è così terribile? In fondo per anni ci siamo lamentati dell’inflazione da euro (ricordate il dibattito sulle 2mila lire che diventavano 2 euro?). Oggi però siamo terrorizzati dalla
deflazione. E allora è utile prendere la definizione che ne offre la Garzantina dell’Economia. Deflazione è una “fase di contrazione (o di stagnazione o di sviluppo nettamente inferiore a quello normale) della produzione e del reddito. Il termine si riferisce di solito a fasi brevi, congiunturali.
Così definita, deflazione risulta sinonimo di recessione: questa ultima indica una circostanza neutralmente rilevata, mentre deflazione richiama anche i comportamenti della politica economica che determinano il temporaneo arresto dello sviluppo”. I prezzi sono il sintomo, non la malattia. La stabilità dei prezzi garantita dalla Bce è stata vista in questi anni come una declinazione della peggiore ortodossia tedesca (meglio la recessione che l’inflazione), invece è semplicemente la condizione necessaria ma non sufficiente perché ci sia una crescita economica capace di garantire la sopravvivenza del nostro capitalismo democratico.
Come notato dall’utile definizione della Garzantina, però, la deflazione non è un fenomeno simile a un terremoto o all’invasione delle cavallette. Ricorda più la rottura degli argini di un fiume dovuta ai tagli di spesa decisi da amministratori miopi. Fuor di metafora: domani Draghi può riuscire in un altro dei suoi miracoli (minimo sforzo monetario, massimo risultato nell’influenzare le aspettative del mercato). Però non basterà: l’attuale deflazione, o almeno la stasi dei prezzi, è frutto in gran parte di una reazione alla crisi che è stato deciso passasse per la riduzione della domanda interna, la compressione dei salari e il taglio della spesa pubblica sia a livello nazionale che europeo. Pretendere che le dinamiche dell’economia reale vengano ribaltate soltanto dalla politica monetaria è un’illusione pericolosa. Draghi è potente ma non onnipotente, può creare il contesto giusto perché le misure di politica economica risultino il più efficaci possibile. Domani tocca a Draghi, ma dopodomani tocca di nuovo ai politici.
@stefanofeltri
Il Fatto Quotidiano, 4 giugno 2014