I banchieri centrali riuniti a Francoforte, come da attese, hanno preso provvedimenti per contrastare la spirale recessiva in cui l'Eurozona rischia di avvitarsi. Ora le banche che parcheggiano liquidità presso la Bce pagheranno una "tassa". L'Eurotower ha deciso poi un nuovo piano di offerta di liquidità agli istituti, condizionato però alla concessione di prestiti all'economia reale. Chi li riduce dovrà restituire i soldi prima del termine
I banchieri centrali riuniti a Francoforte sotto la guida di Mario Draghi hanno rotto gli indugi e sono scesi in trincea per contrastare il circolo vizioso in cui l’Eurozona rischia di avvitarsi, stretta tra inflazione troppo bassa, euro troppo forte e insufficiente offerta di credito all’economia reale. Come da attese, dopo sette mesi di blocco la Bce ha deciso infatti di tagliare i tassi di interesse. Ma non solo. Il governatore ha deciso di sfoderare anche un’altra arma: una nuova tornata di prestiti alle banche condizionati però al fatto che concedano credito all’economia reale.
Tassi al minimo storico. In negativo quelli sui depositi delle banche a Francoforte – Per quanto riguarda i tassi, quello di riferimento scende dallo 0,25% allo 0,15%, il minimo storico, mentre quello per il rifinanziamento marginale scende allo 0,40%. La misura in cui la Bce ripone più aspettative è però la sforbiciata del tasso sui depositi che le banche commerciali fanno presso l’Eurotower: Draghi ha deciso di portarlo sottozero, a -0,1%. Risultato: gli istituti che parcheggiano liquidità a Francoforte d’ora in poi di fatto pagheranno una tassa. L’obiettivo, chiaramente, è indurli a usare quei soldi per concedere prestiti alle imprese. Mossa che però potrebbe non bastare, visto che a portata di mano c’è una comoda alternativa: comprare altri titoli di Stato, magari quelli dei Paesi “forti” come la Germania. Il taglio ai minimi storici ha comunque fatto calare lo spread fra Btp e Bund, sceso a metà pomeriggio sotto i 150 punti, con il rendimento dei titoli di Stato decennali a 2,92%. Effetto immediato anche sull’euro che è sceso rispetto al dollaro a 1,3516, ai minimi degli ultimi quattro mesi. E il Codacons ha già calcolato i risparmi che ne deriveranno per le famiglie che hanno un mutuo a tasso variabile. Le minori uscite oscilleranno tra i 72 euro l’anno (per chi ha acceso un prestito da 100mila euro a 30 anni) e i 96 euro l’anno (per chi ha un mutuo da 150mila euro a 25 anni). Però solo il 2% delle famiglie italiane ha attivato mutui direttamente legati al tasso Bce: tutte le altre dovranno aspettare che il taglio deciso da Draghi venga trasferito ai tassi praticati dalle banche.
Nuovi prestiti alle banche vincolati al credito all’economia – Davanti a un’inflazione inchiodata allo 0,7% contro un obiettivo “vicino al 2%” (così recita il mandato della Bce), il governatore ha deciso anche di mettere in campo una nuova offerta di liquidità alle banche. Perché, come ormai gli analisti ripetono da mesi, se i prezzi non aumentano o lo fanno troppo lentamente è tutt’altro che un vantaggio: la bassa inflazione si traduce in un tasso di interesse reale più elevato. Pessimo per chi ha un mutuo ma anche le casse pubbliche, visto che l’esborso per pagare gli interessi sul debito aumenta di conseguenza. Non solo: aspettandosi prezzi più bassi in futuro, i consumatori rinviano gli acquisti e le aziende rimandano gli investimenti. Così l’economia si avvita. Come dimostrano le nuove stime dell’Eurotower sulla crescita dell’eurozona nel 2014: Draghi ha annunciato che il Pil dell’area dell’euro crescerà dell’1% nel 2014 contro l’1,2% previsto tre mesi fa. Più ottimistica, però, la previsione per il 2015: il prodotto interno stando alle nuove stime salirà dell’1,7% invece che dell’1,5%. Invariato il dato per il 2016: +1,8%.
Per questo il board della Bce darà il via a un nuovo piano di prestiti straordinari alle banche a tassi agevolati. La prima iniezione di liquidità avverrà a settembre, la seconda a dicembre. Lo ha annuncia il presidente Mario Draghi in conferenza stampa, precisando che i rimborsi potranno iniziare dopo 24 mesi e il tasso di interesse sarà quello di riferimento della Bce aumentato di 10 punti. Stavolta però l’Eurotower ha messo dei paletti: gli istituti dovranno usare quei soldi per far credito alle imprese. Tali operazioni, ha spiegato Draghi, serviranno a “sostenere i prestiti bancari alle famiglie e alle società non finanziarie, esclusi i prestiti alle famiglie per l’acquisto di abitazioni”. Bisogna infatti evitare di ripetere l’esperienza del “rifinanziamento di lungo termine” (Ltro) del 2011 e 2012, quando a beneficiare dell’operazione (un prestito a 3 anni al tasso dell’1%) furono soprattutto gli acquisti di bond. Non per niente la nuova tornata è stata ribattezzata “Targeted longer-term refinancing operations”, per sottolineare che sarà ‘mirata’ (targeted) ad aumentare i prestiti al settore non finanziario.
Gli istituti che riducono il credito all’economia dovranno restituire prima i finanziamenti – In una fase iniziale, le banche potranno prendere in prestito una somma fino al 7% dei prestiti al settore privato (esclusi i mutui) in essere allo scorso 30 aprile. Se la richiesta iniziale dovesse essere più bassa, gli istituti potranno approvvigionarsi presso la Bce in due tranche (settembre e dicembre 2014) fino a un prestito totale del 7%. A questa prima fase seguiranno altre iniezioni di liquidità a cadenza trimestrale tra marzo 2015 e giugno 2016. Il totale che ogni banca potrà prendere in prestito dalla Bce potrà essere fino a tre volte i prestiti al settore privato che quell’istituto aveva in essere allo scorso 30 aprile. Tutta questa liquidità potrà essere restituita fino al settembre 2018. Il tasso applicato sarà fisso, pari al tasso di riferimento in atto al momento del prestito (oggi lo 0,15%) aumentato di 10 punti base: così, ipoteticamente, un prestito richiesto oggi da un istituto avrebbe fino a settembre 2018 un interesse fisso dello 0,25%. Nelle Ltro degli anni passati questo tasso era dell’1%. Interessante l’ultima condizione posta dall’Eurotower per assicurarsi che la liquidità finisca all’economia reale: le banche che dovessero scendere entro il 30 aprile 2016 sotto una soglia di prestiti al settore privato fissata dalla Bce in occasione dell’erogazione dei finanziamenti saranno costrette ad anticipare la restituzione dell’intera somma con due anni di anticipo, entro settembre 2016.
Al via gli acquisti di titoli garantiti da prestiti e mutui – La Bce si sta anche preparando ad avviare acquisti di titoli Abs, cioè strumenti finanziari che “impacchettano” prestiti a famiglie e imprese e da quegli stessi prestiti e mutui sono garantiri. E’ da tempo che la Banca centrale europea sta pensando di riesumarli (in Europa quel mercato è praticamente fermo) per permettere alle banche di concedere prestiti scaricando una parte dei rischi sugli acquirenti di queste obbligazioni. E ora Draghi ha detto che l’avvio dell’operazione è vicino: il consiglio direttivo “ha deciso di intensificare i lavori preparatori relativi ad acquisti a titolo definitivo nel mercato Abs per migliorare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria”. “Nell’ambito di questa iniziativa – ha sottolineato Draghi – l’Eurosistema considererà l’acquisto di titoli garantiti da attività semplici e trasparenti” tenendo conto delle modifiche “auspicabili” delle norme, “e lavorerà con le altre istituzioni competenti in tal senso”. Gli Abs non godono di buona reputazione, perché nel 2008 proprio il loro uso esasperato e fuori dalle regole ha propagato a macchia d’olio le conseguenze deleterie del crollo dei valori immobiliari seguito alla crisi dei mutui subprime. Ma ora “vogliamo eliminare pregiudizi sugli Abs, purchè questi prodotti siano semplici, reali e trasparenti”, ha detto Draghi. La Bce in ogni caso comprerà soltanto Abs “basati su prestiti reali e non derivati”.
Ma il bazooka resta nel cassetto – Il vero “bazooka” nelle mani di Draghi, però, è un altro. Si tratta dell’intervento di cui si discute ormai da due anni: un ampio piano – almeno 1.000 miliardi – di acquisto di titoli di Stato simile a quello messo in campo dalla Fed con il cosiddetto “quantitative easing” (allentamento quantitativo). L’operazione, alla quale a sorpresa in aprile ha aperto anche il “falco” Jens Weidmann, governatore della Bundesbank e membro del consiglio direttivo della Bce, avrebbe l’effetto di abbassare i tassi sui titoli, alzarne i prezzi e, attraverso diversi meccanismi di trasmissione, far ripartire l’economia: il ragionamento di base è che se le famiglie vedono aumentare il valore dei Bot e Btp che hanno in tasca sono più portate a spendere. Per ora il governatore ha scelto di tenere l’arma nel cassetto, ma potrebbe sfoderarla in autunno. “Non finisce qui”, ha infatti risposto Draghi quando gli è stato chiesto Francoforte abbia esaurito le munizioni contro la bassa inflazione e la stagnazione dell’area euro. La Bce agirà ancora “se servirà e sempre nell’ambito del nostro mandato”.
Ancora rischi al ribasso per la crescita – Durante la conferenza stampa Draghi ha parlato delle prospettive per l’economia europea, dicendo che “la graduale ripresa in atto” e i dati più recenti “segnalano una moderata crescita anche nel secondo trimestre” dell’anno, ma i rischi sulla crescita “restano al ribasso”. A pesare è, soprattutto, “una domanda interna più debole del previsto”. Occorre comunque – è l’usuale avvertimento – continuare lungo il percorso di riforma dei governi dell’eurozona, che “è eterogeneo e lungi dall’essere completato” anche se sono stati fatti “passi avanti significativi”. “Se poi mi si chiede se siamo soddisfatti del grado di progressi nelle riforme strutturali dico di no”, ha aggiunto Draghi. Per il numero uno dell’Eurotower “non bisogna sciupare” i progressi fatti nel consolidamento fiscale, anche se “questo va portato avanti in un modo che sia favorevole alla crescita, riducendo la spesa pubblica e tagliando le tasse, con maggiori investimenti anche pubblici e spesa in conto capitale accompagnata dalle riforme strutturali”