Pareti colorate, agenti senza divisa e porte normali anziché sbarre. L’Icam di Milano, l’istituto a custodia attenuata che ospita donne detenute e i loro figli piccoli, cerca di conciliare la reclusione di chi deve espiare la propria pena con l’esigenza dei bambini di crescere fuori dalle celle. Un’infanzia a metà la loro, trascorsa dietro le mura di cinta e un cancello di metallo, sotto costante sorveglianza. La struttura, nata nel 2006 per offrire un luogo protetto ai bambini figli di detenute, è l’unica funzionante in Italia, dove circa 60 piccoli sono costretti a condividere la detenzione con le madri all’interno delle carceri. All’Icam di Milano attualmente vivono 11 bambini sotto i tre anni di età, che ogni giorno possono uscire accompagnati dalle educatrici per andare all’asilo o al parco. Un luogo migliore del carcere – raccontano le mamme – dove però i loro figli sentono ugualmente la mancanza degli altri familiari. E dove esistono problemi di spazi: secondo l’associazione Antigone, l’Icam non risponde ai requisiti previsti dal Dpr 230 del 2000, visto che le camere, pur essendo relativamente ampie, sono senza bagno. I lavori di manutenzione della struttura, che è di proprietà della provincia di Milano, spettano all’amministrazione penitenziaria, ma su questo aspetto pesa la cronica mancanza di fondi. L’emergenza per gli operatori oggi è però la legge 62, che tre anni fa ha modificato l’ordinamento del 1975, estendendo fino a sei anni l’età dei bambini incarcerati con le madri e creando così la necessità di dover conciliare i diversi bisogni di neonati e di bambini prossimi ad andare a scuola di Luigi Franco e Maria Itri
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