Le indagini hanno scoperto che al posto della storica commissione provinciale di Cosa nostra era stato creato una sorta di "direttorio" e che a prendere le decisioni era un capo, in gergo denominato "la testa dell’acqua"
Braccata in città, rinasce e si riorganizza in provincia. Nonostante i blitz, i processi e gli anni passati al 41 bis, Cosa Nostra non scompare, ma al contrario trova modi per sopravvivere, riorganizzarsi e proliferare. L’ultimo è rappresentato dal direttorio, una specie di cupola in sedicesimo, creata per dirigere i traffici delle famiglie della provincia palermitana. “La testa dell’acqua” è come i boss chiamano la nuova struttura direttiva, mentre gli uomini del comando provinciale dei carabinieri intercettano ogni parola.
Ed è proprio dalle intercettazioni che è nata l’ultima operazione antimafia dei militari: questa notte in manette sono finiti in 31, tutti affiliati alle cosche di Palermo, Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia. L’operazione coordinata dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci, e dai sostituti Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, ha in praticato azzerato la nuova cosca che dettava legge nell’hinterland palermitano: a Bagheria, città che per anni ha ospitato la latitanza di Bernardo Provenzano, erano tornati liberi negli ultimi anni diversi pezzi da novanta che avevano finito di scontare la pena. Decisivi nell’indagine dei carabinieri sono stati i racconti di Sergio Flamia ed Enzo Gennaro, gli ultimi collaboratori di giustizia che avevano svelato la nuova catena di comando dei clan palermitani.
Nell’elenco dei boss finiti in manette sono diversi i cognomi importanti nella storia di Cosa Nostra: c’è Nicolò Greco, considerato il nuovo leader della cosca e fratello di Leonardo, storico capomafia di Bagheria, ma anche Carlo Guttadauro, fratello di Giuseppe, il medico capomafia di Brancaccio, e di Filippo, cognato di Matteo Messina Denaro. Nella rete sono finiti anche Antonino Messicati Vitale, il padrino latitante a Bali uscito dal carcere recentemente grazie ad un cavillo giuridico, Emanuele Cecala ed Emanuele Modica, accusati dell’omicidio di Antonio Canu, assassinato nel 2005 a Caccamo.
È però nella città che ha dato i natali al regista premio Oscar Giuseppe Tornatore che la piovra aveva fissato nuova residenza, imponendo trasversalmente il pizzo ai commercianti. Sono ben 44 le estorsioni accertate a Bagheria e dintorni: solo che questa volta una ventina di commercianti hanno deciso di denunciare, caso più unico che raro nella provincia siciliana. “Un dato importante, mai accaduto prima” lo definisce il comandante provinciale dei carabinieri Pierangelo Iannotti. Indice forse di un tessuto sociale che non è più appannaggio esclusivo degli uomini di Cosa Nostra. Capaci di riorganizzarsi all’infinito, ma senza più le coperture di una volta.