Ci sembra ormai di conoscere ogni angolo dell’Ucraina, soprattutto quando si parla dell’Est del paese, di russofoni e di miniere occupate. Quello di cui non si parla è della sua terra. Una terra nera. Il suolo scuro e molto fertile ha fatto dell’Ucraina una frontiera agricola imprescindibile. Il paese è stato il granaio dell’Unione Sovietica per i suoi 32 milioni di ettari di terra coltivabile, pari a circa un terzo dei campi dell’intera Unione Europea. Secondo i dati Fao del 2012 la produzione di cereali, tra mais e grano, è arrivata a più di 36 milioni di tonnellate, un quinto della produzione dell’Unione. Tra il 2008 e il 2009 il paese è stato il terzo esportatore mondiale di cereali.
Questa grande disponibilità di terre non è però equamente distribuita. La caduta del muro di Berlino ha spinto verso una formale redistribuzione delle terre, di proprietà dello Stato, anche se, solo nel 1999, con un decreto governativo, i terreni sono stati ceduti a 7 milioni di contadini. Tuttavia il possesso di un titolo di proprietà non garantiva ai contadini la capacità di sostenere la produzione. La scarsità di mezzi finanziari e tecnici spinse molti ad abbandonare la campagna per trasferirsi verso le città o all’estero. Di fatto possedere la terra non garantiva il sostentamento del contadino e della sua famiglia. Questo fu l’inizio del processo che portò all’alienazione di molte terre.
Chi poteva permettersi di acquisire le terre cedute dai piccoli proprietari? In un primo tempo gran parte degli appezzamenti sono andati a grandi oligarchi ucraini, che hanno creato dei veri e propri latifondi. Più recentemente sono arrivati gli interessi stranieri, prima i russi e poi anche svedesi, britannici, olandesi, cinesi e americani.
Secondo dati dell’ong Grain, che si occupa di monitorare il crescente fenomeno dell’accaparramento delle terre, giocano un ruolo importante tra gli investitori nelle terre ucraine i fondi pensione europei. A contendersi la terra poi, sono tre grandi potenze: gli Stati Uniti, la Russia e, in modo crescente, anche la Cina. Nella lista dei maggiori proprietari terrieri del paese tra i primi posti c’è l’Ukrainian Agrarian Investments, una compagnia russa che possiede 260 mila ettari per la produzione di cereali.
L’Ucraina, negli ultimi anni, si è trovata a perseguire una duplice strategia: da un lato favorire la Cina, intenta ad assicurarsi il cibo sufficiente per una popolazione in crescita e dall’altro le compagnie statunitensi, che non vogliono perdere la possibilità di sfamare la nuova potenza asiatica. Nel giugno 2013 l’organizzazione governativa cinese Xinjiang Production and Construction Corps e la KSG Agro, un’azienda agricola ucraina, hanno raggiunto un accordo che prevede la destinazione di 100 mila ettari per la coltivazione e l’allevamento di maiali. Tale investimento, situato nella regione orientale di Dnipropetrovsk, prevede lo sfruttamento della terra per cinquant’anni e il progressivo ampliamento della concessione fino a raggiungere i tre milioni di ettari, una superficie pari a quella del Belgio. In cambio la Cina ha annunciato di voler finanziare i lavori per le infrastrutture d’irrigazione nel paese.
Non mancano gli accordi con il competitore occidentale: gli Stati Uniti. Il miliardario ucraino Oleg Bakhmatyuk, fondatore dell’ UkrLand Farming, l’ottavo maggior coltivatore al mondo e il secondo per la produzione di uova, ha firmato un’intesa con la compagnia statunitense Cargill. Cargill, nel 2013, ha acquistato il 5% della compagnia ucraina. L’azienda statunitense, da 20 anni nel paese, vuole assicurarsi sementi e cereali da esportare in tutto il mondo.