Non sanno bene dove andare. Passano davanti allo stadio di calcio e si confondono col primo incrocio che trovano. I vigili si accontentano di intervenire quando funzionano i semafori. A volte salgono sulla pedana che ostacola la circolazione. Fanno la coda alla rotonda che giace sotto il ponte costruito e inaugurato. Le luci scompaiono nei tratti e alle ore che più servirebbero. Le strade di Niamey sostano ai piedi dei camion di legna che brucia il futuro del paese. Sono antichi veicoli che sembrano velieri coi mozzi in alto che gridano terra. Attraversano la città e si fermano senza preavviso dopo le curve. Le macchine sono comprate di occasione nei porti della costa atlantica. Quelle nuove sono regalate ai ministeri per le rappresentanze. Le più numerose sono etichettate dalle Ong o dalle agenzie internazionali. Portano la targa verde che facilita il bersaglio degli studenti nelle manifestazioni di ogni anno da febbraio in poi.
Si fanno accoglienti per i battesimi e i matrimoni. I teloni, le sedie di plastica e qualche sofà per i capi che non mancano mai. Nelle stagioni stabilite le strade di Niamey ospitano promesse matrimoniali che durano qualche mese lunare. La strada è occupata per un paio di giorni. Nel caso si inventano cortei di motorini che confezionano codici alternativi. Di notte i clacson e le velocità sono meno controllabili che di giorno. I cammelli si fanno rari e le mandrie di buoi hanno una corsia preferenziale. La strada dell’Ospedale Nazionale che ha finito lo sciopero passa davanti alla villa presidenziale. Difesa da fili spinati e bidoni pitturati è l’immagine sbiadita del paese. Le capanne e le case di terra dei poveri non hanno recinzioni o guardie private. La difesa della povertà non è mai stata messa finora in discussione. Sono strade con l’asfalto cinese che dura una stagione. Alle prime pioggie le pozzanghere inventano piscine per i bambini del quartiere.
Sono come migranti che commerciano sabbia e vento di rivolta. Seguono senza saperlo la strada dell’uranio finché non sarà contaminata dal tempo. Da una parte c’è l’Algeria e dell’altra la Libia. Sono strade assenti come gli operai nei negoziati del nuovo contratto tra Areva francese e lo Stato. Strade che vanno da tutte le parti sconosciute. Quella che si dirige all’aeroporto di Niamey è ora divisa in due dalla nuova ferrovia. Il trenino passerà titubante tra le due corsie stradali. Carico di cipolle nigerine da esportare come le lacrime che solo la fierezza dei poveri nasconde. In mezzo alle altre corsie giacciono al suolo i supporti metallici dei pannelli pubblicitari. Le strade della capitale sono vive anche e soprattutto di notte. Le luci intermittenti dei bar e di alberghi a ore frequentati secondo le categorie sociali. Coi soldi si comprano i deputati, le donne e le birre. Quella di produzione locale porta il nome del paese. Per gli intimi invece si chiama ‘Congiuntura’.
Vanno tutte al confine. Sono strade di frontiera come il Niger che è terra di mezzo. Il Burkina Faso, il Mali, l’Algeria, la Libia, il Tchad, la Nigeria e il Benin. Presidenti che non si rinnovano mai come le strade. Gruppi di terroristi alle porte circondati da droni. I veri padroni delle strade sono i taxi. Si fermano e ripartono senza preavviso come la politica del paese. Si contendono i clienti e caricano con disinvoltura ogni tipo di bagaglio. Sul tetto della macchina c’è spazio per tutto. Per i materassi, i sacchi di fieno, i mobili di ufficio del ministero, uno specchio da bagno e panchine in ferro battuto. Le compagnie di trasporto assicurano i viaggi intercity e internazionali. Le stazioni dei bus sono alberghi dei poveri con lo schermo televisivo acceso tutta la notte. Tra poco iniziano i mondiali e si tifa per le squadre africane in competizione. In caso di sconfitta si punterà tutto sui neri che giocano nelle altre squadre. Le strade sono pulite dalla sabbia di notte per liberare la carreggiata al giorno.
Sono incerte sul da farsi. Loro malgrado la città di Niamey si espande da ogni parte e succhia popolazione e ricchezza alle campagne. Per questo le pompe di benzina Oriba spuntano come funghi campestri in ogni quartiere. C’è chi gioca al lotto coi numeri delle stazioni future. I padroni hanno preso le armi e fatto carriera. Gli altri si limitano ad attraversare la strada a loro rischio e pericolo. Ci sono due ponti che scavalcano il fiume e tra poco un secondo cavalcavia. La nuova strada è ancora da tracciare e sono in pochi a conoscerne la destinazione.