Non mancava che la “rumenta”, (spazzatura, in dialetto genovese) a rendere ancora più travagliata l’esistenza della giunta guidata dal sindaco Marco Doria. La discarica di Scarpino – sulle alture di Sestri Ponente – è a “tappo”. Esaurita. E nessuno oggi sa dire dove si potranno conferire le tonnellate di rifiuti prodotti quotidianamente dal capoluogo e da 23 comuni del circondario. La provincia ha accordato una proroga alla chiusura, che scade martedì. Nel frattempo gli amministratori pubblici e l’Amiu, l’azienda rifiuti, sono impegnati in frenetiche consultazioni con i colleghi del ponente ligure, del Piemonte e della Toscana. Segnali positivi sono giunti solo da Torino. Semaforo rosso da Savona: il presidente della provincia, Vaccarezza, si oppone all’uso della discarica del Boscaccio a Vado. Se non sarà individuato in fretta un sito di stoccaggio alternativo a Scarpino, Genova e una lunga striscia di comuni si ritroveranno le strade sommerse da cumuli di “rumenta”. Unica certezza: i 2 milioni già spesi per arginare il percolato che filtra a Scarpino e minaccia le falde acquifere: quei soldi finiranno sulle bollette della Tari del 2015. E i costi extra dell’emergenza, stimati in 13 milioni nei prossimi 3 anni (la metà per la raccolta differenziata, che costa più di quanto renda), dovranno coprirli, al solito, gli incolpevoli contribuenti.
Sulla scrivania di Marco Doria, all’ultimo piano di palazzo Albini, i fascicoli delle grane si accumulano con impietosa insistenza. Dopo Scarpino, in rapida successione gli è piombata addosso la vicenda del “Buridda”, il centro sociale insediato da 11 anni nell’ex facoltà di Economia di via Bertani (sopra la centralissima piazza Corvetto) sgomberato con un blitz, che ha sorpreso il sindaco. Il quale ha dichiarato di aver appreso dello sgombero dalla polizia municipale, a cose fatte. Ma è stato smentito dal questore di Genova, che gli ricordato come la polizia fosse intervenuta a seguito dell’esposto presentato un anno e mezzo fa dal Comune, che intende rientrare in possesso dell’edificio per venderlo e fare cassa. Palazzo Tursi aveva offerto ai giovani del Buridda una sede provvisoria al mercato del pesce, ritenuta insufficiente. La trattativa era aperta (si parlava dell’ex scuola Garaventa), ma lo sgombero ha fatto precipitare la situazione. Cortei di giovani furibondi hanno attraversato la città scandendo slogan di protesta. Alcuni teppisti hanno danneggiato la sede del Pd alle Vigne. Sabato, un corteo di circa 300 giovani si è diretto dal centro a piazza Caricamento e ha occupato la sede (vuota) dell’ex scuola elementare Garaventa, in via San Giorgio. Fra i manifestanti che hanno urlato slogan contro il premier Renzi e gli amministratori comunali hanno sfilato due consiglieri comunali della Lista Doria, Marianna Pederzolli e Maddalena Bartolini. Le più giovani consigliere della Sala Rossa di palazzo Tursi.
Domenico “Megu” Chionetti, uno dei più stretti collaboratori di Don Gallo, fin da subito aveva lapidato la vicenda-Buridda con parole dure come pietre: “Il don non avrebbe avuto dubbi da che parte stare”. Il sacerdote, scomparso un anno fa, era stato il regista dell’accordo fra il Buridda e palazzo Tursi. La sua uscita di scena non ha certo aiutato Doria, che don Gallo aveva proposto ai genovesi come alternativa a Marta Vincenzi (il sindaco uscente) e Roberta Pinotti (attuale ministro della difesa) entrambe iscritte al Pd, mentre Doria fa riferimento a Sel. E Doria le aveva sbaragliate entrambe, aprendosi la strada verso palazzo Tursi. Due anni fa e sembra un secolo.
I mal di pancia della sinistra e del Pd genovese e ligure offuscano l’orizzonte politico. Tra Doria e il partito di maggioranza relativa i rapporti sono stati difficili fin dall’inizio, con punte di scontro lacerante. Sulla Gronda (il collegamento autostradale di ponente che taglierebbe fuori il traffico pesante dalla città), il sindaco si è sempre espresso con freddezza. Mentre il Pd ha spinto per superare gli ostacoli con Società autostrade e dare il via all’opera. Divergenze anche sul Puc, tuttora in fase di eleborazione ma già bocciato dagli organi tecnici della Regione.
In questo scenario, turbato dalla vicenda giudiziaria che ha travolto Carige, e assillato dai casi Piaggio Aereo e Esaote (aziende a rischio trasferimento o soggette a ridimensionamento degli organici), con l’incognita sul futuro del villaggio tecnologico degli Erzelli, infuria la lotta tra le due anime del Pd, in lotta per la successione del governatore Claudio Burlando. La spezzina Raffaella Paita, investita da Burlando come sua erede, fronteggia una frastagliata opposizione che si scambia colpi sotto la cintura. Il vicepresidente Claudio Montaldo ha definito Paita e Alberto Villa (un altro candidato) “inadeguati”, ricevendo i rimbrotti del capogruppo Pd in Regione, Nino Miceli. L’assessore al bilancio, Pippo Rossetti, medita il grande passo. Come il sindaco di Savona Federico Berruti, renziano come Burlando e Paita ma schierato contro tutti e due.