Il ct Jurgen Klinsmann sa bene che serve un miracolo per passare il primo turno visto che gli avversari degli Stati Uniti sono Germania, Portogallo e Ghana. Ma il tecnico tedesco può contare sulla fiducia dei vertici del calcio a stelle e strisce che gli hanno affidato un progetto di lungo periodo, visto che lo sport ormai è seguito quasi quanto il baseball
“Non vinceremo questi Mondiali. Dovremmo giocare sette partite della vita per riuscirci”. A dare la sconvolgente notizia è Jurgen Klinsmann dalla sua villa di Newport Beach, California. “Un allenatore fortunato” lo definisce il New York Times. Il cinquantenne tedesco, secondo il quotidiano, è l’unico ct che può anche non vincere in Brasile. Ci sta persino di uscire al primo turno, visto che il sorteggio ha consegnato un girone con Germania, Portogallo e Ghana. Ciò che davvero interessa ai vertici del calcio a stelle e strisce è la crescita di uno sport che, ormai da qualche anno, pare sul punto di spiccare il volo. A scuola sempre più ragazzi scelgono il soccer e la Mls, il torneo per club, è ormai seguito quanto il baseball.
In America si è innescato un circolo virtuoso: gli imprenditori hanno scelto di investire nel calcio, il campionato ha acquisito una struttura (dal 2015 sarà a 21 squadre), la gente ha cominciato a riempire gli stadi e ora se ne sono accorte anche le tv. Negli scorsi mesi i principali canali nazionali si sono dati battaglia a colpi di milioni per accaparrarsi i diritti delle partite per le prossime stagioni. E pensare che fino a dieci anni fa l’idea di una lega nazionale pareva un progetto destinato a morire giovane. La federazione americana ha affidato a Jurgen Klinsmann un programma a lungo termine e lo ha blindato con contratto fino al 2018. La “pantegana bionda” conosce bene gli Stati Uniti, vive qui da quando si è ritirato. Nel 2006, quando guidava la Germania, faceva la spola tra Los Angeles e Berlino. Nonostante i sogni di gloria spezzati dal gol di Fabio Grosso, il suo lavoro sulla panchina tedesca fu molto apprezzato. Klinsmann diede un’anima più offensiva alla squadra e, considerato finito un ciclo, svecchiò la rosa. Opera poi proseguita dal suo ex assistente Joachim Low.
E’ la stessa missione che il commissario tecnico ora ha intrapreso negli States. Klinsmann ha alzato gli esterni e ha dato un gioco di attacco ai suoi ragazzi, un mix di giovani e giocatori rodati. Il tedesco è stato nominato anche direttore tecnico della nazionale, un manager sul modello della Premier League. Oppure del college football. Klinsmann lavora sulla psicologia, parla con gli atleti, convince le famiglie. E’ il caso di Aron Johansson, che ha lasciato l’Alabama per l’Islanda a tre anni. Ora segna gol a raffica nell’Az in Olanda e si è trovato decine di messaggi sul telefonino per accettare la convocazione americana. Oppure John Anthony Brooks, difensore dell’Hertha Berlino, che dopo la trafila nelle nazionali giovanili tedesche ha scelto gli Usa.
Klinsmann è per un calcio globalizzato, a maggior ragione oltreoceano, dove gli atleti di un certo livello per ora scarseggiano. Il caso più noto è quello di Julian Green. A 19 anni è il più giovane calciatore della Coppa, è nato in Florida, ma gioca nel Bayern Monaco. Molti lo considerano una futura star: la Germania lo voleva, Klinsmann glielo ha strappato con la promessa di portarlo in Brasile. Per onorare l’impegno non si è fatto problemi a lasciare a casa la leggenda del calcio yankee Landon Donovan. A 32 anni la punta dei Los Angeles Galaxy è il numero uno per gol nella storia della Mls (136) e della nazionale (57), con cui giocava ininterrottamente da 14 anni. La rinuncia a Donovan è stata accompagnata da polemiche infinite, grazie al contributo del figlio del ct che ha deriso il giocatore su Twitter. Ma la federazione sta con l’allenatore e condivide la linea.
Per spiegare la sua filosofia Klinsmann se l’è presa con un mostro sacro dello sport americano. “Spiegatemi perché uno come Kobe Bryant deve prendere per due anni di estensione contratto 50 milioni di dollari? – ha domandato – Per ciò che farà nelle prossime due stagioni? Naturalmente no. Li ha presi per ciò che ha fatto prima. Per me non ha alcun senso”. Non si campa di passato, insomma, ci vogliono forze fresche. Giunti al settimo Mondiale consecutivo, gli Stati Uniti proveranno a dire la loro nel “girone della morte”. Prima c’è da risolvere un dilemma tattico: a New York non riescono a capire se la squadra giochi con il 4-4-2 o il 4-2-3-1. Poi bisognerà sperare nello stato di forma dei titolari, visto che la panchina non appare all’altezza. E’ questo il principale punto di domanda di una squadra che dietro scricchiola e che in porta si affida ancora al vecchio Tim Howard.
Tra i giocatori da tenere d’occhio il rapper Clint Dempsey e il figlio dell’ex ct Bradley, senatori che hanno evitato la rottamazione. L’uomo da copertina è il mediano Kyle Beckerman, famoso per i contrasti efferati e i dreadlocks a metà schiena. Il più amato, invece, è Graham Zusi detto Zeus, che dopo il calcio proverà a fare fruttare la sua laurea in criminologia.
Lo speciale mondiale de ilfattoquotidiano.it