Il sottosegretario del ministero della Cultura, Francesca Barracciu, del Pd, resta al suo posto. Il Gip del Tribunale di Cagliari, Giovanni Massidda, ha respinto la richiesta di interdizione dai pubblici uffici formulata un mese fa dal pm Marco Cocco. Lo scrive l'Unione Sarda: il magistrato aveva basato la richiesta su un presunto pericolo di inquinamento probatorio da parte dell'ex consigliere regionale sardo, indagata nell'inchiesta sulle spese folli in Regione
Francesca Barracciu resta al suo posto. Un mese fa il pm Marco Cocco aveva chiesto per lei l’interdizione dai pubblici uffici, richiesta che ieri è stata respinta dal Gip del Tribunale di Cagliari, Giovanni Massidda. Lo scrive l’Unione Sarda. Indagata insieme ad altri 85 onorevoli della XIII e XIV legislatura nell’inchiesta sul presunto utilizzo illecito dei fondi dei Gruppi del Consiglio regionale sardo, la fedelissima che il premier Renzi ha nominato tra le polemiche sottosegretario alla Cultura lo scorso 28 febbraio rimane sulla sua poltrona. Sulle motivazioni della decisione – scrive il quotidiano – dal palazzo di giustizia non trapela nulla: rimane da capire se il pm, che da 5 anni coordina le indagini sulle spese folli in Regione, è intenzionato a presentare ricorso. Il magistrato aveva basato la richiesta su un presunto pericolo di inquinamento probatorio da parte del sottosegretario.
L’ipotesi di reato formulata dai magistrati è l’uso privato di fondi destinati per legge ad una finalità istituzionale. L’inchiesta era nata prima per il Gruppo Misto, dopo le rivelazioni dell’ex dipendente Ornella Piredda, coi primi 20 indagati già ormai a processo: in un caso, quello dell’ex Idv Adriano Salis, c’è già stata la condanna in abbreviato ad un anno e otto mesi, la stessa pena patteggiata da Sisinno Piras, (Pdl). Dalle parole di Salis davanti al Gup Cristina Ornano è scattato quindi il secondo filone di indagine, dove sono rimasti coinvolti una settantina di altri ex consiglieri. Indagini che hanno portato, a vario titolo, a scoprire che in qualche caso i soldi per le spese istituzionali sono serviti per pagare quadri, riparare auto di parenti e, nel caso di Carlo Sanjust (Fi), secondo l’accusa, anche a pagarsi il banchetto di matrimonio. Alla Barracciu che, dopo la decisione del Gip del Tribunale non dovrà quindi lasciare l’incarico di sottosegretario, vengono contestate spese per 78 mila euro.
Non molto a confronto degli 800 mila euro di spese ingiustificate effettuate tra il 2004 e il 2013 contestate a Mario Diana, ex capogruppo di An e Pdl. Ma abbastanza per scatenare un vespaio di polemica nel momento in cui Matteo Renzi ha deciso nominare sottosegretario la Barracciu, al tempo indagata per peculato (con il sostituto procuratore Cocco che le contestava spese ingiustificate per 33 mila euro) e poi iscritta per una seconda volta nel registro degli indagati il 19 marzo per altri 45 mila euro di esborsi su cui i pm vogliono fare chiarezza.
Vincitrice delle primarie del Pd nell’isola e destinata alla corsa alla presidenza della Regione, la corsa della Barracciu era stata arrestata dallo stesso Renzi proprio a causa delle indagini della Procura. Con la nascita del nuovo governo, l’ex rottamatore però decide di portare con sé la sua fedelissima a Roma e la nomina sottosegretario tra un mare di polemiche. Finora l’esecutivo l’ha sempre difesa: “Abbiamo giurato sulla Costituzione, che contempla il principio fondamentale della presunzione di innocenza”, spiegava lo scorso 5 marzo nell’Aula della Camera il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, rispondendo al question time ad una interrogazione del M5S. Una posizione che però si concilia a fatica con l’esito del caso di Antonio Gentile, sottosegretario ai Trasporti che si è dimesso dopo le accuse legate alla mancata uscita di un giornale calabrese che avrebbe scritto di un’inchiesta sul figlio di Gentile.