Sì al salvataggio della Bredamenarinibus da parte del colosso cinese King Long, “ma Finmeccanica rimanga azionista di rilevanza per garantire occupazione e investimenti”. Decolla con il cartellino giallo della Fiom il progetto denominato Industria Italiana Bus che, dopo anni di trattative mai andate in porto, ridarà impulso, grazie ai privati, alle uniche due aziende del Belpaese specializzate nella produzione di mezzi per il trasporto su gomma: la bolognese Bredamenarinibus, che da tempo ormai aspetta un compratore, e l’avellinese Irisubus, chiusa dal 2011 e casa madre degli sfortunati Civis. Se il piano industriale, presentato lo scorso 28 maggio al ministero dello Sviluppo economico, è riconosciuto come “un passo avanti positivo” dal sindacato dei metalmeccanici, in primo luogo perché prospetta il mantenimento di tutti e 500 i posti di lavoro messi a rischio dalla situazione finanziaria delle due imprese italiane (200 per la Bredamenarinibus e 300 per Irisbus), le tute blu chiedono certezze, a partire dall’impegno delle istituzioni di farsi garanti del progetto. “Stiamo parlando di una forma di privatizzazione – spiega il segretario generale della Fiom di Bologna, Alberto Monti – e non dobbiamo dimenticare che il trasporto locale è un servizio che i cittadini pagano con il biglietto e con le tasse, quindi il controllo del settore pubblico è strategico”.

L’ideale, per la Fiom, sarebbe stato creare un’azienda pubblica. “Noi avevamo proposto un Polo nazionale del trasporto su gomma pubblico, come Bredamenarinibus, che è controllata al 100% da Finmeccanica (che per il 33,8% è di proprietà del governo), e ovviamente questo modello, che vuole affidare la società alla cinese Xiamen King Long United Automotive Industry, per noi è una bocciatura – continua Monti – quindi, al prossimo incontro, che si terrà a Roma il 13 giugno, chiederemo che Finmeccanica mantenga una quota societaria significativa, così da poter assumere il controllo della nuova azienda qualora il piano occupazionale e gli investimenti non dovessero essere garantiti”. Perché se la liquidità cinese è l’unica via per salvare il sito produttivo delle Due Torri, ma anche ad Avellino la situazione è difficile, con gli operai in cassa integrazione in deroga, il passaggio a King Long, precisa la Fiom, “deve avvenire secondo certe regole”.

Il piano industriale presentato lo scorso 28 maggio, quello che ha ufficialmente lanciato il progetto Industria Italiana Bus, parte dalla fusione delle due società italiane di trasporto su gomma (Bredamenarinibus e Irisbus) più l’ingresso di King Long Italia, la filiale italiana della principale casa costruttrice di autobus della Repubblica Popolare cinese, come azionista di maggioranza, che quindi, per il salvataggio, metterà il capitale. A King Long, di conseguenza, andrà l’80 – 85% della società, mentre il restante 15 – 20% spetterà a Finmeccanica. La road map, poi, seguirà due livelli: “L’integrazione dei marchi storici Bredamenarinibus e Padane (oggi chiusa) con King Long”, e “lo sviluppo del sito di Flumeri”, in provincia di Avellino, ex Irisbus oggi chiuso e in mano alla Fiat. Entro giugno, quindi, si completeranno le procedure societarie, incorporamento del sito bolognese compreso, e a partire da settembre toccherà ad Avellino. La gamma di prodotti in cui si specializzerà la nuova società, infine, sarà la linea di autobus dai 6 ai 18 metri, con il sito di Bologna “quartier generale”, e Irisbus nodo di attività propedeutiche per la messa in strada del segmento turistico e regionale a marchio King Long, e delle grandi revisioni.

Tuttavia, il piano così com’è non cancella la preoccupazione dei metalmeccanici. Il nuovo volto del trasporto su gomma, infatti, è ancora in fase di definizione, e se si pianifica già la possibilità di aprire i siti produttivi rinnovati alle scolaresche, i nodi da sciogliere rimangono molti. Il primo, l’unico in grado di fugare i dubbi delle tute blu, è appunto una maggiore partecipazione di Finmeccanica a Industria Italiana Bus. Allo stato attuale il principale gruppo industriale italiano, di cui il ministero dell’Economia è azionista di maggioranza, deterrebbe solo il 15 – 20% delle quote e solo per un periodo limitato. “Noi vorremmo che assumesse almeno il 40% – sottolinea Monti – così da poter intervenire qualora le garanzie legate alla mission produttiva, all’occupazione o agli investimenti fossero disattese”.

Poi c’è il matrimonio forzato tra Bredamenarinibus e Irisbus, che prima ancora di essere celebrato presenta qualche difficoltà. Irisbus, infatti, è Fiat, e come tale applica quello stesso contratto che tante volte i metalmeccanici hanno cercato di impugnare. “Inoltre – elenca Monti – non è chiaro dove saranno prodotte le altre linee di autobus, o quale sarà la mission produttiva dell’azienda”. Senza dimenticare la situazione del mercato, che in Italia è stagnante rispetto a paesi come Francia e Germania, da 5.000 o 6.000 veicoli prodotti all’anno. “In Italia mancano politiche nazionali legate al trasporto, e se il mercato non viene rilanciato, se non si garantiscono un minimo di investimenti, la nuova azienda è destinata a morire. Per questo le istituzioni hanno un ruolo chiave. Noi chiediamo un impegno, a Finmeccanica come al governo e alla Regione Emilia Romagna, che se crede nel progetto dovrebbe entrare nell’assetto societario. Se queste garanzie dovessero mancare siamo pronti a consultare i lavoratori e a rispondere con eventuali azioni”.

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