L'ex presidente dell'istituto ligure prova a raccontare la sua verità sui soldi accumulati all’estero, sulla compravendita autogestita di un albergo in Svizzera, su quelle carte che parlano di milioni e milioni in franchi svizzeri e dollari americani. La linea difensiva è nota: quei soldi sarebbero i "risparmi di una vita". Accumulati, come svelato in una conversazione intercettata, in 35 anni
Il secondo atto dell’interrogatorio è coperto da segreto. L’ex presidente di Banca Carige, Giovanni Berneschi, prova a raccontare la sua verità sui soldi accumulati all’estero, sulla compravendita autogestita di un albergo in Svizzera, su quelle carte che illustrano quote e dare-avere e parlano di milioni e milioni in franchi svizzeri e dollari americani. La linea difensiva è nota: quei soldi sarebbero i “risparmi di una vita”. Accumulati, come svelato da lui in una conversazione intercettata, in 35 anni.
L’interrogatorio è stato segretato, d’intesa tra la procura e l’avvocato di Berneschi Maurizio Anglesio, “perché riteniamo che in questa fase sia meglio che non girino illazioni”, dirà in giornata il procuratore capo Di Lecce. Cosa avrà raccontato in quattro ore ai pm Nicola Piacente e Silvio Franz lo si capirà più avanti. I magistrati continuano a indagare sulla presunta truffa alla banca da parte di Berneschi, dell’ex ad del ramo assicurativo Carige Vita Nuova Ferdinando Menconi, del commercialista Andrea Vallebuona, della nuora di Berneschi Francesca Amisano, dei faccendieri Calloni e Cavallini e dell’avvocato svizzero Davide Enderlin.
Berneschi è arrivato dal carcere di Genova Pontedecimo di buon’ora, con la sua solita cartellina sotto il braccio: alle 9,10 accompagnato dalla polizia penitenziaria ha raggiunto il suo avvocato al nono piano di Palazzo di Giustizia dove ha preso un caffè e ha parlato fitto con Anglesio prima di entrare nella stanza di Franz. Quattro ore dopo ne è uscito, senza più la cartellina, per rientrare in carcere. “Sono sereno – ha detto – ho già preso 2 kg. E la banca me la prenderò io”, dice uscendo dalla stanza. “Però – aggiunge subito dopo – mi rimprovero di aver lavorato troppo”.
I magistrati pensano che abbia lavorato anche troppo e contestano all’ex potentissimo le plusvalenze usate per rimpolpare ipernutriti conti all’estero a certe operazioni di compravendita regolate con l’avvocato svizzero e il commercialista italiano la cui data presunta non combacia mai. Una data importante, visto che ne va della prescrizione del reato.
Comunque, i magistrati si ritengono per ora soddisfatti e gli interrogatori si fermano qui in attesa che il Riesame si pronunci sulle istanze dei difensori e soprattutto sulla sussistenza del reato associativo ipotizzata dalla procura. “Non riteniamo l’atto molto interessante – ha detto ancora Di Lecce – gli accertamenti continueranno e penso che andranno avanti ancora per molto”.
Gli accertamenti cui si riferisce Di Lecce probabilmente riguardano anche l’inchiesta ‘madre’, quella nata dalla relazione degli ispettori di Bankitalia. Due gli avvisi di chiusura indagine notificati a altrettanti ex alti dirigenti di Carige il cui nome è ancora coperto dal riserbo. In questo caso, la Guardia di Finanza di Genova sta ancora lavorando per ricostruire le ‘vie d’acqua’ di quell’imponente mole di denaro concesso, ai tempi di Berneschi, a aziende e privati ‘amici’. Le cui condizioni economico-finanziarie rendevano arduo, se non impossibile, il recupero del credito.