Il generale Mario Forchetti, a capo del Comitato regionale per la trasparenza sugli appalti, ha rimesso il mandato dopo una perquisizione nell'ambito dell'inchiesta veneziana. Il governatore lo mantiene in carica: "Non esiste il reato di amicizia". Ma gli altri membri minacciano di sospendere i lavori e chiedono poteri effettivi
Le inchieste sulla corruzione non colpiscono solo gli appalti, ma anche gli organismi di controllo. Il generale in congedo Mario Forchetti ha annunciato di aver scritto al governatore Roberto Maroni una lettera di dimissioni dall’incarico di presidente del Comitato regionale per la trasparenza degli appalti e sulla sicurezza dei cantieri della Regione Lombardia. Ma il governatore ha scelto di respingerle.
All’origine della decisione, comunicata nel corso di una riunione con gli altri quattro componenti del Comitato, il coinvolgimento nel caso Mose. Forchetti ha subito una perquisizione per i suoi legami con il collega dela Guardia di Finanza Emilio Spaziante, arrestato nell’inchiesta veneziana. Il comitato ha deciso di sospendere immediatamente i lavori in attesa della decisione di Maroni, che negli ultimi giorni si è distinto nell’incalzare il governo sulla concessione dei nuovi poteri al neopresidente dell’Autorità anticorruzione Raffale Cantone, che dovrebbe utilizzarli in particolare per vigilare sugli appalti del grande evento milanese, anche questo oggetto di una recente indagine giudiziaria.
È solo l’ultimo capitolo di un rapporto a dir poco tormentato tra il comitato, istituito nel maggio del 2013, e la giunta Maroni. Tanto che i suoi componenti – l’ingegner Ivan Cicconi, l’avvocato Lorenzo Dell’Elce, il generale dei carabinieri Nazzareno Giovannelli e il consulente aziendale Giovani Thiella – sono intenzionati a porre altre questioni, per essere messi in grado di lavorare sul serio: una maggiore autonomia dalla giunta, la possibilità di rapportarsi all’esterno senza passare per le maglie dei vertici politici, la possibilità di incidere sugli atti relativi a Expo2015. Finora le richieste formali di interloquire con Giuseppe Sala, commissario unico di Expo2015, sono cadute nel vuoto nonostante l’intercessione dello stesso Maroni.
Dopo gli arresti per l’inchiesta che ha coinvolto Infrastrutture lombarde, società regionale e stazione appaltante delle opere per l’esposizione universale del 2015, il Comitato per la trasparenza aveva addirittura preparato una lettera indirizzata a Sala per chiedere di essere cancellato dal sito ufficiale di Expo2015, data l’impossibilità di intervenire sul serio. Ma la bozza della lettera – spiegano fonti interne – è arrivata a conoscenza della giunta. Il comitato è scomparso immediatamente dal sito, la lettera non è mai partita ed Expo2015 ha evitato che l’imbarazzante contenzioso diventasse pubblico pochi giorni dopo la bufera degli arresti.
“Mi ha subito chiamato per presentare le sue dimissioni, che io ho respinto”, ha spiegato il presidente Maroni in consiglio regionale. “Il generale è stato oggetto di una perquisizione in casa: dalle indagini emerge la sua amicizia con un indagato. Non esistendo ancora un ‘reato di amicizia’ – ha argomentato – ho ritenuto di respingere le sue dimissioni. Il generale è una persona che stimo e che sta svolgendo un compito importante, oltre alla Presidenza del Comitato, anche della Commissione di esterni, che, entro la fine di giugno, dovrà portare le conclusioni sulle inchieste in corso”.
Aggiornato l’11 giugno 2014