Il consigliere di Silvio Berlusconi non è indagato, ma è citato nei verbali di Baita e della Minutillo a proposito di "favori" chiesti per una ditta romana e per l'ex ministro Lunardi, oltre che per una presunta tangente. La replica: "Solo doverosi contatti istituzionali, il resto sono favole". E annuncia querele
“Mai richieste né versamenti, sono corretto e trasparente”. Così Gianni Letta rompe il tradizionale riserbo e risponde alle accuse che filtrano dall’inchiesta sul Mose. Che non lo vede indagato, ma spesso chiamato in causa nei verbali di diversi protagonisti dell’affare come referente politico, fin dalla seconda metà degli ani Novanta, per le esigenze del Consorzio Venezia Nuova, concessionario della grande opera anti-acqua alta. Il nome di Letta era emerso anche ieri in relazione a un appalto di favore concesso da aziende impegnate nel Mose alla Rocksoil dell’ex ministro di Forza Italia Pietro Lunardi. Ora l’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio annuncia la presentazione di querele per il tentativo di coinvolgere il suo nome nella vicenda del Mose. Letta ha affidato l’incarico al professor Franco Coppi.
Oggi il Corriere riporta un verbale di Piergiorgio Baita, del 24 maggio 2013, in cui l’ex presidente della Mantovani e gola profonda dell’inchiesta racconta di non essere a conoscenza di somme elargite allo storico consigliere politico di Silvio Berlusconi, ma che quest’ultimo avrebbe chiesto due favori: “Un subappalto a una certa impresa di Roma, piccola, Cerasi e Cerami, alla quale abbiamo dato a Treporti un subappalto praticamente senza ribasso. I perdita per noi”. La seconda richiesta, sempre secondo Baita, fu il presunto “aiutino” a Lunardi, un lavoro sulla A27 per far rientrare il ministro dalla somma sborsata dopo una condanna della Corte dei conti.
“Ci vuole proprio molta fantasia per trasformare un normale e doveroso ‘contatto istituzionale’ in una richiesta o, peggio, in un versamento, e inventare così una ”favola’ come quella attribuita alla Signora Minutillo“, afferma Letta citando l’altra gola profonda dell’inchiesta, la ex segretaria di Giancarlo Galan poi passata in Mantovani, che a verbale ha parlato di fondi neri del Consorzio spediti Roma, “in particolar modo credo a Gianni Letta, una volta a Tremonti, una volta a Matteoli“. Continua Letta: “E non basta che lo stesso Baita in qualche modo precisi o smentisca, sia pure con fatica: meglio raccontarla quella “favola”. Ma come si fa a smentire una favola? Basta dire che non c’è nulla di vero? E che è tutta una fandonia? Di certo, c’è solo che, nella realtà, non esistono né richieste né versamenti. Non sono mai esistiti, mai pensati e neppure immaginati”.
L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Berlusconi cita l’ordinanza del gip di Venezia che ha portato all’arresto di 35 persone: “A pagina 499 la famosa Ordinanza sul Mose, riconosce esplicitamente che quei contatti sono ‘del tutto privi di rilievo penale, non risultando alcun tipo di richiesta, ma risultando esclusivamente un interessamento rispetto ad un importante opera quale il Mose, rientrante nella fisiologia dei rapporti politico-istituzionali”.