Ottant’anni dal primo acuto, oggi. Il 10 giugno 1934 l’Italia diventa campione del mondo battendo la Cecoslovacchia con una rimonta aperta da Orsi all’82esimo e chiusa da un gol di Angiolino Schiavio al quinto minuto dei tempi supplementari. È l’inizio dell’era di Vittorio Pozzo, che farà grande la Nazionale sotto il fascismo pur collaborando con il Comitato di liberazione nazionale almeno fino al 1944.
E per capire quanto il calcio sia stato in quel periodo un megafono del regime fascista, basta scorrere la rassegna stampa del giorno seguente la vittoria del ‘34: “Animati dalla presenza del Duce i calciatori italiani conquistano il campionato del mondo” (Corriere della Sera), “Gli azzurri conquistano alla presenza di Mussolini il Campionato del Mondo”(La Gazzetta dello sport) e il “dovere è compiuto” secondo il cronista de La Stampa. Dopo il bis del ’38 dovremo aspettare Pablito Rossi e Fabio Grosso per ritrovare l’Italia sul tetto del mondo. Sabato notte si bussa a casa dei brasiliani per provare a cucirsi la quinta stella, proprio come la Selecao.
Italia ‘34, l’inizio del ciclo
Si gioca in casa, sono coinvolte otto città e per la prima volta una squadra africana, l’Egitto, partecipa alla competizione. Mussolini ha voluto il Mondiale come consacrazione della dedizione del regime nei confronti dell’attività sportiva. L’Italia è infarcita di oriundi, ha grande volontà e orgoglio ma non è di certo la squadra più forte. Austria e Cecoslovacchia sono un gradino più su. Tuttavia all’esordio gli uomini di Pozzo devastano gli Stati Uniti segnando 7 reti. Nei quarti c’è bisogno del rematch contro la Spagna, dopo l’1-1 della prima partita. Uno a zero e massimo risultato con il minimo sforzo: è semifinale.
Si gioca a Milano, il 3 giugno. Di fronte c’è l’Austria, non una squadra qualsiasi. È stata ribattezzata il Wunderteam. Guaita la fa fuori tra le polemiche perché Meazza ostacola il portiere nell’occasione del gol decisivo. La stampa francese si scatena accusando gli azzurri d’essere favoriti ma l’Italia legittima la vittoria con la rimonta contro la Cecoslovacchia sotto gli occhi di Rimet e Mussolini. L’inventore della Coppa racconterà che il Duce assistette alla partita in maniera svogliata ma il successo sarà celebrato quasi come una sua vittoria. I protagonisti del trionfo ricevono 20mila di premio, buoni all’epoca per acquistare un appartamento a Roma o Milano.
Francia ‘38: il mondiale dimezzato
I venti di guerra che soffiano sull’Europa condizionano il Mondiale ma non allontanano gli spettatori dagli spalti. Stadi nuovi e una Francia ritenuta tra le favorite, spingono la Coppa verso uno straordinario successo di pubblico. È la rassegna che vede la prima e ultima partecipazione di una colonia (le Indie Olandesi) e consacra l’Italia, nel bene e nel male. All’esordio contro la Norvegia la squadra di Pozzo, campione alle Olimpiadi di Berlino nel ’36 e imbattuta dall’anno prima, rivolge un doppio saluto romano verso le tribune venendo sonoramente fischiata dai francesi. Con difficoltà, ma passa il turno (2-1 dts).
In un clima ostile – segnato anche dalle defezioni di Uruguay, Inghilterra, Argentina e Austria, annessa alla Germania – l’Italia incrocia i padroni di casa nei quarti. Dopo il saluto romano, il fascismo entra di nuovo in campo: la Nazionale indossa una divisa nera. Vince e convince con un 3-1 e vola in semifinale contro il Brasile. La Selecao è lo spartiacque. Colaussi e Meazza fanno fuori anche i sudamericani. La finale è contro l’Ungheria e la Nazionale dà spettacolo imponendosi 4-2. Si chiude un ciclo finora irripetibile.
Spagna ’82 nel segno di Rossi
Parigi, febbraio: la Francia batte 2-0 l’Italia. A dicembre, a Napoli, gli azzurri avevano vinto solo 1-0 contro il Lussemburgo. Aprile, Lipsia: sconfitti dalla Germania dell’Est. Prima della partenza per la Spagna, appena un pareggio contro la Svizzera. Il ct Bearzot è sulla graticola ma ha due assi nella manica, Beppe Bergomi e Paolo Rossi. Uno ha 18 anni, l’altro è appena rientrato da una squalifica. Ma anche contro il Braga, un po’ come contro la Fluminense domenica sera, l’Italia stenta e vince solo 1-0. Tutti si aspettano una spedizione fallimentare. Il girone viene passato nonostante tre pareggi perché gli azzurri hanno segnato un gol in più del Camerun, terzo. Il clima si fa rovente e i giocatori scelgono il silenzio stampa. C’è la seconda fase a gruppi e l’Italia deve vedersela con Argentina e Brasile. E inizia un’altra Coppa del Mondo. Al Sarrià la Nazionale affronta la Seleccion campione del mondo e la battono 2-1. Qualcosa cambia nella testa di tutti. Gli azzurri devono vincere contro la Selecao per passare. È il giorno di Rossi, fino a quel momento difeso solo da Bearzot: tripletta ai verdeoro e qualificazione in tasca.
In semifinale c’è la Polonia e l’attaccante della Juventus si trasforma per sempre in “Pablito” segnando una doppietta che lo porta a cinque gol in due partite. L’11 luglio è il giorno della finale di Madrid, Italia-Germania Ovest. È un trionfo, nonostante il rigore sbagliato da Cabrini. Prima Rossi, ancora lui, poi l’urlo di Tardelli e il tris di Altobelli. Nando Martellini scandisce “campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo”, Sandro Pertini applaude in tribuna e poi gioca a scopone in aereo con Zoff, Causio e Bearzot. È il mondiale con più istantanee, è probabilmente il Mondiale più bello e inatteso.
Germania ’06, il trionfo in mezzo alla tempesta
A Berlino gli azzurri arrivano nel pieno della tempesta di Calciopoli ma per la Nazionale è manna dal cielo. Come in tutti i suoi trionfi l’Italia non gode dei favori del pronostico e l’odore che si respira nell’ambiente del calcio è rancido. Il 2 maggio scoppia il caso che vede 19 partite di Serie A sotto la lente d’ingrandimento della magistratura, Figc e Lega Calcio si ritrovano dimezzate dalle dimissioni di Franco Carraro, Innocenzo Mazzini e Adriano Galliani. Quale peggior preambolo per sfogare la pressione? Il ct Marcello Lippi compatta il gruppo.
È un crescendo rossiniano, nonostante la squalifica di Daniele De Rossi e l’infortunio di Alessandro Nesta. Due storie spiccano su tutte, quelle di Fabio Grosso e Marco Materazzi. Oltre al Mondiale perfetto di Fabio Cannavaro. Il capolavoro è la semifinale contro la Germania, storia recente ancora nitida nei ricordi di tutti. In finale l’Italia batte ai rigori la Francia e chiude il Mondiale da imbattuta e con un solo gol subito su azione, che è poi un autogol di Zaccardo. Arriva la quarta stella a illuminare la notte tedesca. Da allora la Nazionale non ha più brillato. Proverà ora ad accendere le serate brasiliane.