Enrico Berlinguer (foto concessa da EB.it)

“Tanto sono tutti uguali” dice Mario al Bar Sport, forse alle ultime elezioni non è andato a votare proprio perché la pensa così, e poi stanno iniziando i mondiali di calcio…

Per un fotografo i politici non sono mai “tutti uguali”.
Per un fotografo – è una deformazione professionale – i politici sono anzitutto la loro faccia e la loro fisiognomica. Più che promesse e parole, egli ne “ascolta” lo sguardo. E allora proprio così tutti uguali non sembrano. Dalla sedie dei talk-show emergono – a rintracciarli – lampi, tic, retrogusti, micromovimenti sfuggiti al controllo, e reminiscenze lombrosiane che, per chi fa affidamento sul “visivo” prima di tutto, suggeriscono molti distinguo. Per arrivare, magari, a trovare più rassicurante l’uomo politico che la pensa diversamente da noi. In politica – viceversa – il tipico atteggiamento da tifosi sfegatati e da “credenti” è sempre stato l’inizio della fine.

In questi giorni web e giornali si sono popolati delle foto retrospettive di Enrico Berlinguer, in occasione del trentennale dalla morte. Ripercorrere i fotogrammi di questo racconto è davvero un’esperienza, nel senso più profondo del termine. Esperienza istruttiva, intima, storica, emotiva, e per certi versi anche dura.
Non si tratta qui – lo dico da fotografo e da divoratore di fotografie – di fare l’apoteosi di Berlinguer, ma di cercarne, al di là delle idee condivise o meno, la cifra umana guardandolo negli occhi. Per rimanere nello specifico territorio della fotografia potremmo azzardare, per dirla con Roland Barthes (autore de La camera chiara), che di Berlinguer vogliamo trovare, dentro una foto ma oltre ciò che quella foto mostra, il punctum.

Enrico Berlinguer (foto concessa da EB.it)

E dunque c’è qualcosa che è sempre lì, aleggia in quasi tutte le immagini, si tratti di un comizio, di un semplice ritratto, di una riunione politica, di stare in braccio a Benigni o anche… di morire. Sì, anche i drammatici momenti del suo mortale malore in pubblico sono fotografati, e anche in quelle foto c’è sempre quel qualcosa.
Un qualcosa che pur nelle situazioni più diverse traspare e ci dice che a fianco e davanti al politico Berlinguer non è mai assente l’uomo Enrico.
Quel qualcosa che per molti altri politici (già allora, e oggi più che mai) sarebbe un punto di debolezza, una “fragilità vietata”, e che solo per lui si trasformava in forza ed empatia, trascinando affetto e credibilità.
Ma insomma, cos’era quel qualcosa di “oltre e potente”, quel punctum da cercare anche in una vecchia foto un po’ ingiallita?
Era una cosa a cui siamo completamente impreparati e disabituati: semplicemente la faccia di un politico senza maschera.

Berlinguer con Benigni (foto concessa da EB.it)

Lo sguardo limpido di Berlinguer ci parla anche di un carattere talvolta spigoloso, talaltra ombroso, timido e dunque ruvido, ma aperto e sincero. “Ho anche difetti, ho anche dubbi, ma non lo nascondo” sembrava dire quel qualcosa, “io sono questo e decidete voi se seguirmi o no”.
Quel velo di tristezza negli occhi anche quando la bocca rideva è tutto intatto ancora in molte foto, e io – fotografo – ho imparato a conoscere Enrico Berlinguer anche così, incrociandone lo sguardo in un rettangolo di carta.

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