Il Leone di Trieste potrebbe esercitare l’opzione di scissione già tra il 15 e il 30 giugno. Anche Intesa Sanpaolo e Mediobanca, gli altri soci italiani della holding che controlla il 22,4% di Telecom, si avviano a chiudere l'avventura nelle telecomunicazioni. L'esito finale vedrà quindi Telefonica, con la sua quota vicina al 15%, diventare primo azionista di Telecom
Generali si riprende le azioni e dice addio a Telco, la holding che controlla il 22,4% di Telecom Italia. Lo ha deciso il consiglio di amministrazione della compagnia, che ha deliberato di esercitare l’opzione di scissione dando mandato all’ad Mario Greco “di definire le modalità specifiche per l’uscita”. L’annuncio, arrivato nel pomeriggio di mercoledì, rappresenta il primo passo concreto verso lo scioglimento del patto che per sette anni ha governato il gruppo delle tlc. Un’operazione largamente attesa – non per niente all’ordine del giorno della riunione del cda c’erano “deliberazioni in materia di partecipazioni” – così come la prossima uscita degli altri soci italiani Intesa Sanpaolo e Mediobanca. L’esito finale sarà la crescita di Telefonica nel capitale di Telecom: gli spagnoli, con il loro quasi 15%, sono destinati a diventare primi azionisti, perché a valle della scissione Intesa e Piazzetta Cuccia avranno l’1,6% a testa – con una parte di debito pari a 179 milioni sui 2,47 complessivi da cui è gravata Telco – mentre a Generali andrà il 4,3% con un debito da 475 milioni. La prima finestra utile ai soci per avviare la procedura di uscita è fissata tra il 15 e il 30 giugno. Formalmente la scadenza del patto Telco – come precisa il comunicato di Generali – è fissata per il 28 febbraio 2015, ma è molto probabile che gli azionisti si muoveranno prima per entrare in possesso direttamente delle quote Telecom.
I patti siglati a settembre stabilivano che se Telefonica non avesse sottoscritto l’aumento di capitale della holding da 117 milioni prima dell’esercizio dell’opzione di scissione avrebbe dovuto corrispondere agli altri un compenso dovuto alla minor capitalizzazione della holding: 60 milioni, secondo le valutazioni, da dividersi proporzionalmente tra Generali, Intesa e Mediobanca. Quanto a Telecom, prima dell’annuncio di Generali l’ad Marco Patuano aveva sottolineato che “nel caso fosse confermato il break up di Telco”, con l’uscita degli italiani e la crescita del socio spagnolo, “bisognerà darne comunicazione alle autorità brasiliane ed argentine: si tratta di un percorso di notifica e quindi aspettiamo”.
Intanto un’occasione di confronto tra i consiglieri sul dopo Telco e sui diversi punti aperti nel gruppo delle tlc potrebbe essere la prossima riunione del cda, in agenda a Roma il 26 giugno. Strettamente legato al riassetto e al peso di Telefonica in Telecom è il nodo del Brasile. Patuano ha ricordato che il Cade, l’antitrust brasiliano, la scorsa settimana “si è pronunciato su un aspetto marginale della vicenda, ossia la multa” da 4,6 milioni inflitta a Telefonica dopo la decisione di salire prima in Telco e poi, di conseguenza, in Telecom. Con l’effetto di aggravare il potenziale conflitto di interessi per le partecipazioni detenute in Sudamerica nelle due compagnie concorrenti Vivo e Tim Brasil. Secondo Patuano c’è stata “una sovralettura del pronunciamento del Cade” che ha riguardato “un aspetto marginale della vicenda, ossia la multa”. A fine 2013, in seguito all’accordo in Telco che ha portato Telefonica ad assumere la maggioranza relativa di Telecom Italia, l’Antitrust brasiliano aveva imposto al gruppo spagnolo due strade alternative: diluire il controllo di Vivo, cedendone la metà a un operatore non attivo sul mercato brasiliano, o rinunciare alla partecipazione in Tim Brasil.
Intanto, la vendita della quota di controllo di Telecom Argentina annunciata a fine 2013 “sta andando avanti”, ha detto il manager, e “manca solo l’autorizzazione della Secom, l’equivalente della nostra Agcom”, l’autorità delle comunicazioni. “Sono stato recentemente in Argentina e ho parlato con le autorità – ha concluso il numero uno di Telecom -. L’iter sta seguendo il percorso autorizzativo e anche se con le autorità è difficile avere una data certa, non ci sono motivi ostativi”.