Ho ascoltato fino ad ora le elucubrazioni, tra il deferente e il risentito, sulla mancata rinuncia al seggio Ue di Barbara Spinelli, presentatasi come specchietto per le allodole in quota Tsipras alle scorse europee e poi trasformatasi nell’impallinatrice dei merli che se l’erano bevuta. Devo dire che non mi hanno convinto, né le denunce e neppure le difese d’ufficio. Perché la vicenda – almeno come la vedo io – è risultata soltanto una ben modesta fiera delle vanità, che suona campane a martello sulle speranze di un nuovo inizio per la più che comatosa Sinistra italiana. Questo perché l’intera operazione, nata con ben altri scopi, si è risolta rapidamente in un vero e proprio revival della vicenda personalistica/fallimentare legata al nome di Ingroia.
Indubbiamente Sel aveva bisogno di un vestitino a festa, quale quello proveniente dall’Egeo, per coprire gli schizzi di fango procuratisi da Nichi Vendola con le sue telefonate ridanciane ai portaborse di uno dei peggiori esponenti dell’establishment industriale italiano, il padrone delle ferriere Riva. Magari una pausa di ripensamento per poi confluire sotto le bandiere dell’astro nascente Renzi, secondo i dettami del peggiore carrierismo opportunistico. Da qui l’interpretazione che descriverebbe la “vestale dell’etica in politica Spinelli” indotta a compiere l’estremo sacrificio di sottoporsi al pendolarismo Strasburgo-Bruxelles soltanto allo scopo disinteressato di cacciare i mercanti dal tempio della politica.
Ma dato a Sel quello che è di Sel (parce sepulto), forse completezza dell’informazione imporrebbe di ricordare come la raffinata opinionista avesse dato da tempo segni di una grave affezione da “candidite” (malattia che si manifesta sotto forma di fregola da successo e che affligge i neofiti delle avventure elettorali). A partire dal momento in cui è andata in rotta di collisione con un vero cultore senza tentennamenti del rigore – Andrea Camilleri – il quale non gradiva spregiudicatezze né strumentalizzazioni, tanto da ritirarsi (in quel suo silenzio più clamoroso di una polemica rissosa), insieme gli amici a lui più vicini, dal ruolo di garante della lista.
Grazie a queste modeste congiure da “sessantottismo retrò”, e a seguito del coerente ritiro annunciato di Moni Ovadia, l’avventura di una sinistra diversa perde sul nascere la qualità umana che avrebbe potuto garantirne il decollo (e – va ribadito – questo non dipende certo perché un simpatico professional vendoliano, candidato in Centro Italia, è stato lasciato con un palmo di naso).
Alla fin fine l’unico risultato dell’ambaradan è quello di assicurare a due valenti giornalisti (Curzio Maltese, oltre che Spinelli) un utile momento di break nella loro carriera professionale sulle pagine di Repubblica, in attesa che abbiano fine le mattane di Eugenio Scalari; la qual cosa – presumibilmente – creava loro qualche comprensibile imbarazzo.
Fermo restando che le due penne pregiate vanno in Europa a fare i peones, quelli che si aggirano lungo i corridoi dei passi perduti; come è capitato in passato al loro collega professionale Giulietto Chiesa, come sta capitando nel Parlamento italiano al loro compagno di testata Carlo Galli: sostanzialmente una insignificante sinecura. Anche se ben retribuita.
Tanto più che – alla luce di quanto messo in mostra nella campagna elettorale – la Spinelli risulta infinitamente più a suo agio con penna e tastiere che non davanti a un microfono. Dunque, un pesce fuor d’acqua nella primaria attività della politica: il public speaking.
Che delusione. Conseguente a una doppia perdita, di qualità d’analisi giornalistica e di credibilità da parte di una persona – come la Spinelli – che sembrava essere un irrinunciabile punto fermo nell’impegno per contrastare il decadimento della politica, italiana come europea. Il tutto in cambio di cosa, oltre il personale raggiungimento di temporanea uscita di sicurezza dalle grinfie del fondatore del proprio quotidiano, di cui si diceva? Mistero.
La causa di una vera sinistra-sinistra, reale promotrice di democrazia, ha bisogno di nuovi difensori. Di alto profilo morale. Ma dopo l’ennesima dissipazione/delusione non si riesce proprio a vedere da dove questi possano saltare fuori.