Anni di analisi “inconclusive”, informazioni “assai limitate”, caratteristiche chimiche del percolato “sconosciute”. Non usa parole tenere il perito nominato dal Tribunale di Latina nella fase preliminare del processo per avvelenamento delle acqua contro Bruno Landi – ex presidente del Lazio, braccio destro dell’imprenditore Manlio Cerroni (nella foto) – e Nicola Colucci, fratello del più famosi Pietro e Francesco, leader dei servizi ambientali in Italia. La seconda discarica del Lazio – attiva da trent’anni a Borgo Montello, cinquanta chilometri da Roma (in provincia di Latina)- è una vera bomba ecologica. Con un’aggravante: i controlli sarebbero stati approssimativi, con dati sottostimati per anni; in una zona dove la regione Lazio vorrebbe approvare l’ampliamento della discarica e la realizzazione di due impianti di trattamento rifiuti.
Già dal 2005 l’Arpa Lazio aveva certificato la contaminazione della falda acquifera di Borgo Montello, facendo scattare l’inchiesta del pm Giuseppe Miliano. Le ultime analisi disponibili – elaborate nel 2012 e nel 2013 – hanno confermato la presenza di altissime concentrazioni di metalli anche al di fuori dell’invaso, in pozzi prossimi all’area agricola di Valle d’oro, cento ettari dedicati al kiwi dop e alla produzione di ortaggi. La situazione potrebbe, però, essere ancora più grave. La nuova perizia – affidata dal Gup di Latina Guido Marcelli a Tomaso Munari, docente dell’università di Genova – elenca una lunga serie di problemi nei monitoraggi che potrebbero aver portato a sottostimare il livello di contaminazione. Con un rischio potenziale sulla salute della popolazione dell’area e sui consumatori serviti dalla produzione agricola a ridosso della discarica.
Il perito del tribunale in un passaggio punta il dito verso chi doveva vigilare, l’agenzia ambientale della regione Lazio: “Inconclusive e insufficientemente informative risultano le indagini chimiche ed idrologiche condotte negli anni. Si rammenta che dette indagini sono state realizzate da molteplici soggetti, tra cui Arpa Lazio”, scrive nella sua relazione preliminare, consegnata al tribunale lo scorso febbraio. Il perito dovrà ora stabilire chi ha materialmente provocato l’inquinamento, visto che sull’area ci sono due operatori, la Ecoambiente del gruppo Cerroni-Colucci (attualmente indagata) e la Indeco del gruppo Grossi (allo stato estranea alle indagini).
Al centro dell’indagine c’è la bonifica progettata e realizzata dal gruppo Cerroni tra il 1998 e il 2001. Un vero affare per il gruppo: in cambio dell’intervento la società Ecoambiente ha ottenuto dalla regione Lazio diverse autorizzazioni per continuare ad abbancare i rifiuti della provincia di Latina. Il sospetto della procura – che ha portato all’apertura dell’inchiesta – è che quell’intervento sia stato realizzato in maniera errata, non bloccando la fuoriuscita del percolato, con l’inevitabile contaminazione delle falde acquifere. Il perito Tomaso Munari si è trovato di fronte ad una situazione di tale incertezza da rendere difficile capire il reale stato dell’invaso. Nella relazione preliminare, ad esempio, il perito sottolinea come il progetto di bonifica sia stato modificato varie volte, senza però – a suo dire – avere “un adeguamento delle procedure di verifica dell’effettiva tenuta dell’opera”, da parte della regione. Non solo: “Dai documenti di collaudo – si legge nello studio – non risulterebbe che siano state effettuate neppure le verifiche di tenuta inizialmente previste per l’opera completata (…). Tra l’altro, nei documenti messi a disposizione allo scrivente, non risulta che siano stati aggiornati i previsti controlli in corso d’opera né i collaudi delle prestazioni idraulico ambientali”.
Inaffidabili, per il tecnico, anche i monitoraggi effettuati attraverso i pozzi spia della discarica. Secondo lo studio è stata fatta una “inusuale scelta realizzativa e di campionamento (…), difforme dalle norme di buona tecnica” nel prelievo delle acque da utilizzare per le analisi. Le pompe dei pozzi, infatti, avrebbero aspirato nella stragrande maggioranza dei casi a livelli di falda molto profondi e lontani – di conseguenza – dal corpo della discarica: “La criticità di questa circostanza risiede nel fatto che la contaminazione del sito dipende da sorgenti localizzate in prossimità della superficie del suolo mentre i piezometri così realizzati possono fornire informazioni al più rappresentative della qualità della porzione più profonda (e quindi meno interessata dalla contaminazione) delle acque sotterranee”.
Ora la Regione si prepara ad autorizzare l’espansione delle attività di trattamento dei rifiuti delle due aziende di Borgo Montello, mentre il progetto di bonifica è stato affidato alla stessa Ecoambiente.