Politica

Da Senato no a dimissioni ex M5S Bignami e Mussini. Campanella: “Devono restare”

Palazzo Madama ha votato contro la richiesta delle due parlamentari dopo che sono state espulse dal Movimento 5 stelle per tutelare "la libertà di mandato e di espressione"

Il Senato ha respinto le dimissioni di Laura Bignami (190 no, 40 sì e 6 astenuti) e Maria Mussini (169 no, 29 sì e 6 astenuti). Le senatrici espulse dal Movimento 5 stelle lo scorso 6 marzo, avevano presentato le loro dimissioni dopo il referendum online che aveva stabilito la cacciata dei quattro colleghi Luis Orellana, Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista. Le due donne, insieme a Maurizio Romani, Monica Casaletto e Alessandra Bencini, avevano mostrato solidarietà ai parlamentari messi all’indice per il loro comportamento “non in linea con l’M5S” ed erano state a loro volta espulse. All’accusa che volessero solo tenersi la poltrona, alcuni di loro hanno risposto presentando le dimissioni a Palazzo Madama e chiedendo di tornare a casa. Una decisione che aveva lasciato perplessi in molti: per prassi l’Aula tende a respingere la richiesta.

Uno dei primi a chiedere il respingimento delle dimissioni è stato Francesco Campanella, ex M5S e tra i parlamentari che stanno cercando di creare un gruppo al Senato con i fuoriusciti. “Noi eravamo contrari e lo rimaniamo. Chiediamo all’Aula di respingerle per permettere loro di continuare a lavorare insieme a noi”. Campanella ha ricostruito le espulsioni degli ex cinquestelle: “Siamo stati mandati da 9 milioni di cittadini con i compiti di cambiare il modo di fare politica. Le indicazioni sulle scelte sarebbero dovute arrivare da una regolare e costante consultazione con i cittadini. La pratica si è mostrata diversa: le indicazione arrivavano dall’alto e non dal basso. Beppe Grillo si trasformò da megafono in un leader, che non doveva essere contraddetto e mai in pubblico”. E ha concluso: “Non era questo il patto, ed alcuni denunciarono la questione con i colleghi e poi sui media in osservanza del principio di trasparenza Marino Mastrangeli fu cacciato perché andava troppo in tv ma se quel principio fosse applicato oggi, rimarrebbero nel M5S solo i più timidi. Per la nostra espulsione non fu indetta una assemblea congiunta”.

“Respingiamo”, ha dichiarato il senatore Enrico Buemi, “in modo fermo e convinto le dimissioni presentate dalle due senatrici pentastellate, Laura Bignami e Maria Mussini, perché contrarie al principio costituzionale dell’autonomia dei parlamentari e dell’esercizio della funzione del parlamentare senza vincolo di mandato. Le due colleghe non hanno commesso alcun reato, né dal punto di vista penale, né tantomeno da quello di comportamenti ritenuti amorali. La pluralità delle posizioni non è certo reato, ma bensì il sale della democrazia. La dialettica interna a un movimento è l’elemento cardine che permette di ridurre gli errori che ognuno di noi può commettere. La democrazia non può mai essere unanimità, spesso se questa unanimità è ripetuta e fortemente condizionata”.

Durante le dichiarazioni di voto, a colpire è stato anche l’intervento dei Popolari per l’Italia. Come già accaduto in passato, scatta la sequenza degli interventi contrari alle dimissioni dallo scranno, in nome della libertà di pensiero, del divieto di vincolo di mandato, della dignità del parlamentare, eccetera. Quando prende la parola Lucio Romano, a nome dei Popolari per l’Italia, fa l’elogio della democrazia, del confronto, del libero dibattito fino a sostenere che “chi sta in minoranza non deve sentirsi in una situazione di costrizione…”. Romano sarebbe solo in aula, se al suo fianco, proprio sullo scranno accanto, come un compagno di banco, non ci fosse proprio Mario Mauro, ‘vittima’ di quella che ha definito un’”imboscata” all’interno del proprio gruppo. E Mauro non sta lì a giocare con il computer, a prendere appunti, o a discutere al cellulare. Sta lì a fissare il suo (ancora per poco) capogruppo, in tutta la sua ispirazione oratoria, e lo guarda da dietro la montatura di occhiali spessi, che sembrano accentuare l’attenzione per le parole di chi appena ieri si sarebbe macchiato di un tradimento di quei principi che ora sta difendendo. Non c’è traccia di sorriso né di amarezza nell’espressione dell’ex ministro della Difesa, forse solo puro interesse per i fenomeni della politica e i suoi interrogativi irrisolti.