Il Mondiale di Brasile 2014 come luogo di protesta. Mentre è agli sgoccioli il conto alla rovescia per il calcio d’inizio della competizione calcistica, il Paese sudamericano è in subbuglio. E a prescindere da chi solleverà la coppa il 13 luglio al Maracanà di Rio de Janeiro, questa manifestazione sarà ricordata principalmente per le lotte che la attraverseranno e per la loro innegabile capacità di sfruttare l’esposizione mediatica dell’evento a loro vantaggio. Per oggi, giorno dell’esordio con Brasile-Croazia (a San Paolo, ore 17 locali, le ore 22 italiane), secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it è stata indetta una giornata di lotta coordinata che si estenderà a macchia d’olio in tutto il Paese. Con un’azione sincronizzata dei vari movimenti sociali e sindacati, uniti dallo slogan Nao Va Ter Copa, nelle dodici città che ospitano il Mondiale, a partire da San Paolo e Rio de Janeiro, ci sarà il tentativo di bloccare in massa aeroporti, stazioni, autostrade e la viabilità urbana e nazionale.

Obiettivo? Paralizzare l’intero Paese, sull’onda dello sciopero della metropolitana che è riuscito a bloccare San Paolo nei giorni precedenti, colpendo soprattutto i giornalisti in arrivo da tutto il mondo e costringendoli a parlare di conflitto sociale più che di tattiche e di formazioni. Lo stesso tipo di azione oggi sarà messa in atto in diverse città. Il piano delle proteste così allargato e coordinato rende perfettamente l’idea del consenso e della diffusione capillare nell’intero Brasile delle istanze di protesta raccolte intorno alla Coppa del Mondo: evento destinato ad acuire le contraddizioni sociali del Paese piuttosto che a sopirle. Le rivendicazioni dei manifestanti sono chiare e palesi. A fronte di una spesa pubblica per l’organizzazione dell’evento di oltre 13 miliardi, il governo di Dilma Rousseff ha operato drastici tagli alla spesa pubblica e al welfare: dall’istruzione alla sanità, dai trasporti alle pensioni fino agli alloggi popolari. Poi gli sgomberi di ampi settori delle favelas o di luoghi abitati dai nativi, sotto lo slogan della pacificazione e all’insegna della speculazione edilizia.

E proprio la lotta per la casa è il fulcro su cui si è cementificata la coesione del movimento. Essendo oramai chiaro che l’organizzazione di grandi eventi sportivi non porta benefici alle casse dello stato, ma solo agli sponsor e agli investitori privati, nessuno in Brasile crede che se anche Neymar e compagni dovessero sollevare la Coppa la situazione economica migliorerà. Per questo oggi si protesta contro la Coppa del Mondo. A San Paolo i dipendenti della società che gestisce la metropolitana sono stati in sciopero per giorni, e la polizia domenica ha cercato di fermare le proteste sparando gas lacrimogeni ad altezza uomo in quella che è stata l’ultima di una serie di manifestazioni cominciate alla vigilia della Confederations Cup del 2013 e che si estenderanno per tutta la durata di Brasile 2014.

E i cui picchi, spiegano fonti dei movimenti a ilfattoquotidiano.it, ci saranno oggi per la giornata inaugurale, in un giorno da decidere di fine giugno (probabilmente 28 o 29) e il 13 luglio, per la finale. La presidentessa Dilma Rousseff ha detto che il governo utilizzerà tutti i mezzi necessari per impedire il blocco del Mondiale, e ancora ieri ha dichiarato: “Le manifestazioni di piazza non aiutano lo sviluppo della democrazia”. Per questo le città saranno militarizzate grazie a un imponente schieramento di un centinaio di migliaia di uomini sul campo, tra forze dell’ordine e membri dell’esercito, per un business della sicurezza costato oltre un miliardo di dollari che ha coinvolto addirittura i temibili mercenari americani della Blackwater.

Oltre al contenimento in piazza, da registrare anche l’allarmismo e la criminalizzazione del dissenso a mezzo stampa, con l’articolo del quotidiano O Estado de São Paulo che racconta di un accordo tra black block e Pcc (Primo Commando della Capitale), la più potente organizzazione criminale che controlla il narcotraffico nella capitale paulista. In realtà il numero di black block in Brasile è piuttosto esiguo, e poco violento. Si sono visti ragazzi incappucciati e vestiti di nero durante le proteste per la Confederations 2013 e nelle giornate di protesta precedenti a Brasile 2014. Hanno un profilo Twitter e una pagina Facebook, ma secondo gli analisti sono pochi e per nulla pericolosi. Quello che il governo teme veramente è la saldatura tra i vari movimenti storici, quelli per la casa e i sindacati delle grandi città, tutti sotto l’egida del poliforme blocco No Vai Ter Copa.

Quello del black block, raccontano dall’interno dei movimenti, è uno spauracchio da usare per implementare le leggi repressive. Oltre a tutta una serie di arresti preventivi, il segretario di pubblica sicurezza di Sao Paulo Fernando Grella ha comunicato l’introduzione nello stato del reato di devastazione e saccheggio. Una legge emergenziale – simile al reato previsto dal Codice Rocco fascista in Italia, usato con parsimonia negli anni Settanta e ultimamente applicato agli ultras e poi alle proteste sociali – promulgata proprio per Brasile 2014, quando gli occhi del mondo stanno guardando, e le brutte figure non sono ammesse. Ovviamente il conflitto a bassa intensità che lacera il tessuto sociale brasiliano non è una novità: la Mapa da Violência 2013 racconta di quasi un milione di morti ammazzati per arma da fuoco negli ultimi trent’anni, con un aumento del 300% dal 1980 a oggi. Ma l’evento sportivo, come le riunioni dei grandi della terra, esaspera le contraddizioni sociali e diventa occasione per i movimenti per sfruttare a loro favore questi occhi che guardano. Le strade del Brasile durante questo mese non faranno eccezione, e da oggi saranno loro le vere protagoniste: ben più dei costosissimi stadi dove si giocheranno le partite.

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