Un embargo alla pubblicità sui siti che fanno della pirateria audiovisiva la loro prevalente ragione di vita garantendosi introiti multimilionari attraverso lo sfruttamento degli altrui contenuti audiovisivi.
E’ questo l’obiettivo del “Memorandum of understanding” – come i firmatari hanno voluto chiamarlo – che l’industria dei contenuti e l’internet advertising bureau hanno firmato e presenteranno a Roma nel pomeriggio.
Uno strumento di autoregolamentazione attraverso il quale dichiarare guerra ai “parassiti del web”, ovvero a chi vive alle spalle di chi produce i contenuti e di chi quei contenuti distribuisce legalmente.
Nessuna nuova proposta di legge repressiva, nessun regolamento per la rimozione di contenuti da Internet, nessun tentativo di trasformare i fornitori di servizi di connettività in “sceriffi del web”, niente manette mostrate agli utenti per ricordare che la galera attende i più “scariconi”.
Il meccanismo – per la verità ancora solo tratteggiato e tutto da implementare – alla base dell’accordo è di disarmante semplicità: i titolari dei diritti segnaleranno a Iab, chiamato ad agire da hub delle aziende che gestiscono la pubblicità online, i siti internet che “violano palesemente le leggi sul diritto d’autore” e che ospitano “inserzioni pubblicitarie” e l’industria della pubblicità farà quanto ragionevolmente possibile per far rimuovere tali inserzioni o, almeno, per “chiudere i rubinetti” degli investimenti pubblicitari verso i siti pirata.
E’ troppo presto per dire se l’accordo funzionerà davvero e, anche, per giudicarne eventuali effetti collaterali che potrebbero annidarsi nella sua implementazione ma guai a non riconoscere che quella indicata nel memorandum siglato da Fapav, Fpm e Iab sembra la strada giusta per prendersela con i veri “ladri” di proprietà intellettuale, facendo loro capire che il crimine non paga.
Ma, ad un tempo, sarebbe velleitario pensare che sia sufficiente provare a tagliare i canali di finanziamento più trasparenti e “istituzionali” a certe piattaforme per condannarle all’estinzione.
E’ sin troppo facile prevedere che se il memorandum sortirà davvero i suoi effetti, determinando la parte dell’industria pubblicitaria migliore e più “istituzionale” a rinunciare a laute fette di profitto per dichiarare guerra ai pirati, non mancheranno imprenditori della pubblicità meno onesti che si daranno da fare per garantire comunque alle grandi piattaforme pirata investimenti pubblicitari a tanti zeri.
L’unica vera forma di anti-pirateria resta sempre la stessa: moltiplicare l’offerta legale, renderla davvero accessibile agli utenti e rinunciare a trattare i consumatori – specie di cinema – come una mandria di bufali che si possono indirizzare nelle sale cinematografiche semplicemente ergendo “steccati virtuali” con anacronistiche finestre temporali o, peggio ancora, rinchiudendoli in minuscoli – rispetto al mare di contenuti offerti nel mercato illegale – orticelli privati.
Sarebbe intellettualmente disonesto ed ingiusto, oggi, non plaudire all’iniziativa dell’industria dei contenuti e di quella della pubblicità ma sarebbe un errore se i titolari dei diritti – specie sulle opere cinematografiche – pensassero che un’iniziativa pur illuminata come questa sia sufficiente a risolvere il problema che è rappresentato – guai a dimenticarlo – dalla frattura prepotente che decenni di antipirateria miope e ottusa ha creato tra l’industria dei contenuti e quelli che avrebbero dovuto essere e dovrebbero tornare ad essere i suoi migliori alleati: gli oltre due miliardi di cittadini del mondo che popolano il web.
La strada dell’autoregolamentazione è quella giusta per garantire un “enforcement mite” ma efficace contro i pirati più incalliti o, meglio ancora, i veri parassiti della proprietà intellettuale ma la questione che è urgente affrontare è un’altra e diversa: c’è una cultura del valore della proprietà intellettuale da ricostruire, pronunciando milioni di volte il “mea culpa” per aver permesso che l’anti-cultura della pirateria affascinasse i nativi digitali – e non solo – più di quanto non abbia saputo fare, sebbene con mezzi e strumenti straordinari, l’industria dei contenuti.
La colpa non è dei ragazzini – né degli ex ragazzini – se non riconoscono nessun disvalore nello scaricare un film pirata o guardarselo in streaming ed è troppo facile imputarla interamente al fallimento educativo della scuola e della famiglia.
La colpa è anche e soprattutto di un’industria – quella dei contenuti – che prima non ha capito la portata rivoluzionaria di Internet e, poi, quando l’ha perfettamente compresa, ha preferito abbandonarsi all’illusione di cercare di frenarne gli effetti, nel disperato tentativo di garantire ai tanti protagonisti della sua filiera il mantenimento di privilegi di mercato frattanto divenuti anacronistici.
Ora l’industria musicale sembra sulla strada giusta mentre quella del cinema – che, forse, pure inizia a muovere qualche timido passo nella direzione giusta – è ancora straordinariamente indietro e sembra incapace di cambiare davvero pelle e dare al più grande pubblico del quale abbia mai disposto ciò che chiede – e che trova sul mercato nero – la possibilità di accedere, nello stesso momento, a condizioni non discriminatorie a tutti i contenuti prodotti.
Guido Scorza
Componente del collegio del garante per la protezione dei dati
Media & Regime - 12 Giugno 2014
Diritto d’autore, niente pubblicità sui siti pirata. E’ sufficiente?
Un embargo alla pubblicità sui siti che fanno della pirateria audiovisiva la loro prevalente ragione di vita garantendosi introiti multimilionari attraverso lo sfruttamento degli altrui contenuti audiovisivi.
E’ questo l’obiettivo del “Memorandum of understanding” – come i firmatari hanno voluto chiamarlo – che l’industria dei contenuti e l’internet advertising bureau hanno firmato e presenteranno a Roma nel pomeriggio.
Uno strumento di autoregolamentazione attraverso il quale dichiarare guerra ai “parassiti del web”, ovvero a chi vive alle spalle di chi produce i contenuti e di chi quei contenuti distribuisce legalmente.
Nessuna nuova proposta di legge repressiva, nessun regolamento per la rimozione di contenuti da Internet, nessun tentativo di trasformare i fornitori di servizi di connettività in “sceriffi del web”, niente manette mostrate agli utenti per ricordare che la galera attende i più “scariconi”.
Il meccanismo – per la verità ancora solo tratteggiato e tutto da implementare – alla base dell’accordo è di disarmante semplicità: i titolari dei diritti segnaleranno a Iab, chiamato ad agire da hub delle aziende che gestiscono la pubblicità online, i siti internet che “violano palesemente le leggi sul diritto d’autore” e che ospitano “inserzioni pubblicitarie” e l’industria della pubblicità farà quanto ragionevolmente possibile per far rimuovere tali inserzioni o, almeno, per “chiudere i rubinetti” degli investimenti pubblicitari verso i siti pirata.
E’ troppo presto per dire se l’accordo funzionerà davvero e, anche, per giudicarne eventuali effetti collaterali che potrebbero annidarsi nella sua implementazione ma guai a non riconoscere che quella indicata nel memorandum siglato da Fapav, Fpm e Iab sembra la strada giusta per prendersela con i veri “ladri” di proprietà intellettuale, facendo loro capire che il crimine non paga.
Ma, ad un tempo, sarebbe velleitario pensare che sia sufficiente provare a tagliare i canali di finanziamento più trasparenti e “istituzionali” a certe piattaforme per condannarle all’estinzione.
E’ sin troppo facile prevedere che se il memorandum sortirà davvero i suoi effetti, determinando la parte dell’industria pubblicitaria migliore e più “istituzionale” a rinunciare a laute fette di profitto per dichiarare guerra ai pirati, non mancheranno imprenditori della pubblicità meno onesti che si daranno da fare per garantire comunque alle grandi piattaforme pirata investimenti pubblicitari a tanti zeri.
L’unica vera forma di anti-pirateria resta sempre la stessa: moltiplicare l’offerta legale, renderla davvero accessibile agli utenti e rinunciare a trattare i consumatori – specie di cinema – come una mandria di bufali che si possono indirizzare nelle sale cinematografiche semplicemente ergendo “steccati virtuali” con anacronistiche finestre temporali o, peggio ancora, rinchiudendoli in minuscoli – rispetto al mare di contenuti offerti nel mercato illegale – orticelli privati.
Sarebbe intellettualmente disonesto ed ingiusto, oggi, non plaudire all’iniziativa dell’industria dei contenuti e di quella della pubblicità ma sarebbe un errore se i titolari dei diritti – specie sulle opere cinematografiche – pensassero che un’iniziativa pur illuminata come questa sia sufficiente a risolvere il problema che è rappresentato – guai a dimenticarlo – dalla frattura prepotente che decenni di antipirateria miope e ottusa ha creato tra l’industria dei contenuti e quelli che avrebbero dovuto essere e dovrebbero tornare ad essere i suoi migliori alleati: gli oltre due miliardi di cittadini del mondo che popolano il web.
La strada dell’autoregolamentazione è quella giusta per garantire un “enforcement mite” ma efficace contro i pirati più incalliti o, meglio ancora, i veri parassiti della proprietà intellettuale ma la questione che è urgente affrontare è un’altra e diversa: c’è una cultura del valore della proprietà intellettuale da ricostruire, pronunciando milioni di volte il “mea culpa” per aver permesso che l’anti-cultura della pirateria affascinasse i nativi digitali – e non solo – più di quanto non abbia saputo fare, sebbene con mezzi e strumenti straordinari, l’industria dei contenuti.
La colpa non è dei ragazzini – né degli ex ragazzini – se non riconoscono nessun disvalore nello scaricare un film pirata o guardarselo in streaming ed è troppo facile imputarla interamente al fallimento educativo della scuola e della famiglia.
La colpa è anche e soprattutto di un’industria – quella dei contenuti – che prima non ha capito la portata rivoluzionaria di Internet e, poi, quando l’ha perfettamente compresa, ha preferito abbandonarsi all’illusione di cercare di frenarne gli effetti, nel disperato tentativo di garantire ai tanti protagonisti della sua filiera il mantenimento di privilegi di mercato frattanto divenuti anacronistici.
Ora l’industria musicale sembra sulla strada giusta mentre quella del cinema – che, forse, pure inizia a muovere qualche timido passo nella direzione giusta – è ancora straordinariamente indietro e sembra incapace di cambiare davvero pelle e dare al più grande pubblico del quale abbia mai disposto ciò che chiede – e che trova sul mercato nero – la possibilità di accedere, nello stesso momento, a condizioni non discriminatorie a tutti i contenuti prodotti.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".