Da Germania, Francia, Belgio, Austria, Svizzera e Giappone arrivano le prime risposte al questionario sulla famiglia voluto da Bergoglio in vista del Sinodo dei vescovi che si terrà nel prossimo ottobre in Vaticano e che discuterà di questi temi scottanti portando a Roma le richieste dei fedeli di tutto il mondo. Un questionario che il pontefice ha voluto avesse la più ampia partecipazione possibile tra credenti e non
Sì a matrimoni gay, ai sacramenti per i divorziati risposati e ai metodi contraccettivi. È quanto chiedono a larga maggioranza a Papa Francesco i cattolici, e non solo, della Germania, della Francia, del Belgio, dell’Austria, della Svizzera e del Giappone. Da questi sei Paesi, infatti, arrivano le prime risposte al questionario sulla famiglia voluto da Bergoglio in vista del Sinodo dei vescovi che si terrà nel prossimo ottobre in Vaticano e che discuterà di questi temi scottanti portando a Roma le richieste dei fedeli di tutto il mondo.
Un questionario, che il Papa ha voluto avesse la più ampia partecipazione possibile tra credenti e non, che è stato anche osteggiato da alcuni episcopati nazionali. In Italia, a differenza di ciò che è avvenuto in molti altri Paesi, esso non è stato pubblicato dalla Cei. Il cardinale Angelo Bagnasco ha motivato questa scelta affermando che nella lettera di accompagnamento della segreteria generale del Sinodo era indicato esplicitamente di non pubblicare né il questionario né la sintesi delle risposte che sarebbero state inviate in Vaticano. Ma il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, ha spiegato che la volontà di Papa Francesco è che chiunque, indipendentemente dalle diocesi, dalle parrocchie e dai movimenti ecclesiali, possa rispondere al questionario e inviare le sue riflessioni direttamente in Vaticano.
Su matrimoni gay, sacramenti ai divorziati risposati e contraccezione nei Paesi europei che hanno già inviato le risposte dei fedeli le posizioni sono quasi del tutto convergenti. Sfumature leggermente diverse, invece, arrivano dal Giappone anche a causa della cultura fortemente secolarizzata. In Germania vengono prevalentemente rifiutate in modo esplicito le affermazioni della Chiesa sui rapporti sessuali prematrimoniali, sull’omosessualità, sui divorziati risposati e sul controllo delle nascite. Nei cattolici tedeschi c’è anche una chiara tendenza a vedere il riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali e la loro parità di trattamento rispetto al matrimonio come un comandamento di giustizia. L’apertura del matrimonio in quanto tale a coppie omosessuali viene, invece, respinta. Tuttavia molti fedeli pensano che sia giusto e positivo offrire un rito di benedizione anche a coppie omosessuali. Da sottolineare che dal 2000 in Germania esiste l’istituto giuridico delle unioni civili registrate, aperto alle coppie dello stesso sesso, che negli anni scorsi è stato pressoché equiparato al matrimonio. Solo il diritto di adottare bambini attualmente è riservato alle coppie unite in matrimonio.
In Austria la stragrande maggioranza dei cattolici è favorevole all’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti. Altrettanto numerosi sono coloro che rifiutano il divieto dei metodi artificiali di regolazione delle nascite da parte della Chiesa. Per loro la pianificazione familiare è una questione da lasciare alla responsabilità dei genitori. Per i fedeli austriaci la Chiesa non prende abbastanza sul serio la realtà del fallimento nella famiglia e non riesce a trasmettere in modo comprensibile il suo insegnamento sul matrimonio e sulla morale sessuale. In Svizzera le risposte sono in larghissima parte concordi nel mostrare incomprensione e rifiuto per la dottrina ufficiale che non consente ai divorziati risposati di ricevere i sacramenti. Il 90 per cento dei cattolici del Paese si attende che la Chiesa riconosca e benedica queste coppie. Il 60 per cento dei partecipanti al questionario, invece, vorrebbe il riconoscimento e la benedizione anche delle coppie omosessuali. La proibizione dei metodi contraccettivi è ben lontana dalla pratica e dalle idee della grande maggioranza dei cattolici svizzeri.
In Francia la legislazione civile ha moltiplicato le leggi che si pongono chiaramente in contrasto con le posizioni della Chiesa cattolica: la liberalizzazione dell’aborto, la possibilità del matrimonio per le persone omosessuali, il divorzio per mutuo consenso, la contraccezione largamente diffusa, anche per i minorenni. Sui divorziati risposati la maggioranza chiede che la Chiesa di Roma si ispiri a quella ortodossa dove, dopo un tempo di penitenza e quando la stabilità della nuova unione pare chiaramente acquisita, una celebrazione può riconoscerla, senza tuttavia rimettere in causa l’indissolubilità del matrimonio. Sulle unioni gay l’atteggiamento richiesto dai fedeli è quello dell’accoglienza senza giudizio né rifiuto da parte della Chiesa. Piccolissima la minoranza francese che mette in pratica l’insegnamento cattolico sulla contraccezione utilizzando, per esempio, il metodo Billings, la regolazione della fertilità delle donne.
In Belgio i fedeli sottolineano che il divorzio non è una situazione eccezionale nella società odierna e deve essere integrato nella maniera in cui la Chiesa si rivolge al matrimonio e alla famiglia, ovvero va considerato una condizione che ne fa totalmente parte. Sui matrimoni gay, che sono riconosciuti dalla legge belga, la maggioranza chiede che la Chiesa ammetta le relazioni omosessuali anche con un forma giuridica più stabile e senza rifiuto morale. Sui metodi contraccettivi l’auspicio è che la Chiesa modifichi la propria visione al riguardo. In Giappone, infine, i fedeli sono più disponibili a interrompere i loro legami con la Chiesa cattolica piuttosto che affrontare situazioni in cui si sentono giudicati. Vi sono persone che non sanno di non poter ricevere la comunione se si sono risposate dopo il divorzio. Anche fra coloro che, invece, lo sanno alcune ricevono i sacramenti regolarmente e ci sono sacerdoti che non dicono nulla pur conoscendo la loro situazione. In Giappone non esiste un riconoscimento legislativo dei matrimoni gay e lo stato non li promuove. I cattolici giapponesi per lo più sono indifferenti verso l’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione o non lo conoscono. A parte l’aborto, sembra che non vi siano molti sensi di colpa riguardo all’utilizzo di questi metodi.