“Sono stato innestato all’interno di questo progetto da gianCarlo – racconta Godano – perché nel suo libro, fra i tanti gruppi che han fatto parte del percorso dell’educazione sentimentale del protagonista, vengono citati anche i Marlene Kuntz. Abbiamo una gran sintonia su vari aspetti della condivisione di un progetto on the road, la cosa ha preso piede, la risposta del pubblico è ottima, anche se desidero non dimenticare di essere principalmente il cantante dei Marlene Kuntz. Il fatto che stasera siamo qui a presentare una versione ridotta di Ex – prosegue il cantante dei Marlene – dimostra una sorta di attitudine che al giorno d’oggi non solo l’artista, ma anche tante persone che lavorano in proprio hanno, e cioè l’esigenza di diversificare e impostare il proprio lavoro su aspetti un modulari. Potendo permetterci di parlare davanti a un pubblico, a volte toccando anche temi alti, ma sempre con il senso della misura e con la consapevolezza di non pontificare su nulla, ci viene offerta la possibilità di presentare due o tre tipi di spettacoli differenti. Si tratta pur sempre di un modo di lavorare…”.
Di questi tempi, infatti, sempre più artisti sono ‘costretti’ a esibirsi dal vivo per sbarcare il lunario o per mantenere il livello di vita conquistato nel tempo: “Certo che se messo a confronto con il mondo musicale di vent’anni fa, ci accorgiamo che quello di oggi è molto differente. In quegli anni, quando uscì il primo disco dei Marlene Kuntz Catartica (che proprio in questi giorni festeggia i venti anni, ndr) c’era un vasto pubblico che mostrava grande interesse per tutto quello che avveniva nel mondo della musica. Oggi, invece, non è più così numeroso. Il rock, poi, ha perso un certo tipo di appeal, perché probabilmente non è più il tipo di musica che rappresenta il mondo giovanile, che è più in sintonia con l’immaginario rap. Ma al di là di questa congiuntura, che è poi di livello internazionale, la sensazione è che il rock, in Italia, non abbia mai avuto cittadinanza. Il popolo italiano è uno dei popoli meno rock. Non ho difficoltà a dire che se vivessimo in un’epoca come due decenni fa, a parità di condizioni e di risultati ottenuti, vivrei esclusivamente da rockstar. Però le contingenze ti costringono a scoprire che ti devi dar da fare e questa è la nostra via, e siamo ben felici che sia così”.
Ex, questo il titolo della tournée cui le due anime artistiche, affini, hanno dato vita, è la storia sentimentale e immaginifica di due artisti, simili e differenti al contempo, in dialogo fra loro. Ma è anche la colonna sonora di un mondo in vertiginosa trasformazione che però rimane sempre avvitato sui medesimi problemi. “Il nostro scopo – afferma gianCarlo Onorato – è dare il La a una graduale presa di coscienza del ruolo e della posizione che ognuno di noi occupa nel mondo. La musica offre questa grande opportunità e il mio libro, in cui si narra la storia di un ragazzo che a 17 anni, nel 1977, un anno mitologico per tutto quel che è accaduto e non soltanto nel campo della musica, salva la propria esistenza dal vuoto siderale a tutti i livelli, ne è un esempio. Il protagonista è una persona che assume gradualmente la consapevolezza di sé e dunque una gestione e un controllo migliore di sé, grazie anche alla musica”.
Il percorso di Ex dal vivo è realizzato sotto forma di canzoni dei Marlene Kuntz e di gianCarlo Onorato, oltreché di brani di grandi artisti internazionali, tra cui troviamo Neil Young, Beck, Nick Cave, Lou Reed e Velvet Underground. Un excursus in chiave dark, che va dalla fine degli anni 60 fin quasi ai nostri giorni, con la speranza di lasciare un segno, rileggendo, rivedendo e rivisitando la realtà attraverso un punto di vista ‘sensibile’. “Credo che ci sia un gran bisogno di tornare a partecipare – prosegue Onorato –, ad avere un intervento attivo nella realtà, per questo abbiamo bisogno di riformulare gli individui per via sensibile. Grosso modo è questo quel che ci piacerebbe. Certo è un’impresa. Però quando un malato sta male non stai a guardarlo, cerchi di salvarlo. E salvare gli altri significa salvare se stessi. Poi, ovvio, non è detto che siamo curatori miracolosi…”.