Il nuovo proprietario ha 64 anni, è romano, produttore cinematografico, tifoso della Lazio nonché proprietario del cinema Adriano di Roma e delle 60 sale cinematografiche un tempo appartenute a Vittorio Cecchi Gori
Braccia alzate in segno di trionfo e subito la maglietta blucerchiata indossata sulla camicia, sfoggiando il suo sui nuovi colori. Massimo Ferrero, 64 anni, nuovo proprietario e presidente della Sampdoria, in conferenza stampa ha esordito come il protagonista di uno dei suoi film (“ne ho prodotti 60 e girati 150”). Fulmineo il passaggio del club dalla famiglia Garrone, che lo guidava dal 2002, al produttore romano, proprietario del cinema Adriano di Roma nonché delle 60 sale cinematografiche un tempo appartenute a Vittorio Cecchi Gori. Un fulmine a ciel sereno, ha convenuto Ferrero, che ad onta del cognome piemontese parla con forte accento romanesco e adopera le maniere semplici di chi bazzica il palcoscenico fin da piccolo.
“Sono figlio d’arte. Mio nonno un giorno mi dimenticò a Cinecittà. Per fortuna venne nonna a prendermi…”. Appunto. “Vengo dal nulla. Nasco in un teatro di posa. Nel cinema ho vinto tutti i premi possibili”. La sua biografia ricorda tra l’altro la sua attività di produttore indipendente e, su incarico del Governo Cubano, la creazione del Cinema di Stato a Cuba. “L’ultimo mio lavoro? La fiction per la Rai sui 150 anni dell’Unità d’Italia”. Meno commendevoli le sue imprese strettamente commerciali. Una spericolata avventura con la compagnia aerea Livingstone, specializzata in charter nelle isole caraibiche, naufragata assieme ai Viaggi del Ventaglio. Un “bagno” da venti milioni di euro, con strascichi giudiziari. E i delicati rapporti con Gigi Martini, ex calciatore della Lazio del primo scudetto, e poi pilota Alitalia, attorno al boccone grasso di Finmeccanica. Ferrero, detto “er Viperetta”, ne parlò diffusamente in un intervista a Malcom Pagani, pubblicata su Il Fatto Quotidiano nel novembre del 2011.
L’ingresso a Genova è stato assolutamente indolore. La famiglia Garrone Mondini, proprietaria della quasi totalità delle azioni della Sampdoria, le ha signorilmente regalate a Ferrero, assieme alla società completamente ripulita dai debiti. Ora però toccherà a Ferrero far quadrare i conti. La Sampdoria è riemersa dalla voragine prodotta dalla retrocessione del 2011, costata un buco da 40 milioni di euro – ma continua a battagliare con un passivo di gestione che si aggira sui venti milioni a stagione. Finora i Garrone hanno ripianato il rosso in bilancio. L’unica alternativa resta la cessione dei pezzi migliori dell’organico: Obiang, Mustafi (nazionale tedesco), Okaka. Ferrero ha acquisito gratis ancheil parco giocatori, che vale non meno di 80 milioni di euro.
I tifosi toccano ferro. E sperano che il neoproprietario non si disfi dei quadri più pregiati e anzi provi ad arricchire la collezione. A chi toccherà l’impresa? Ad Ariedo Braida, dg e al ds Osti? Forse. Ma si brancola nel buio. Oggi l’unico sicuro del posto è l’allenatore Sinisa Mihajlovic. Per ora Ferrero si è rifugiato dietro le battute: “De Laurentiis? E’ una grande persona, ma si è ispirato a me. Lo aspetto sul campo, vinceremo noi, per 3 a 1. Garrone? E’ più importante di Obama. Ha steso un protocollo e lo ha rispettato. Che cosa prometto ai tifosi? Meravigliose vittorie. Io voglio vincere, giocando un calcio spettacolare”. Per lui la Sampdoria dovrebbe recitare in campo come Ben Hur nella celebre pellicola diretta da William Wyler, con Charlton Heston nei panni dell’eroe. Il suo Charlton Heston avrà le fattezze di Sinisa Mihajlovic. “E’ il mio mito, Sinisa è il più grande allenatore. Ciao Sinisa!”.
Tanto fervore lascia intendere un’antica e mai sopita passione laziale, che Ferrero ha annacquato profondendosi in elogi sperticati all’indirizzo di Paolo Mantovani (romano e laziale come lui) e Riccardo Garrone, i due grandi presidenti della storia della Sampdoria. “Sono i miei modelli, andrebbero studiati. Purtroppo sono anche inimitabili. Io sarò felice se riuscirò, affiancato da persone di mia fiducia, a proseguire il percorso inaugurato da Riccardo Garrone“. Promessa vagamente indelicata, visto che accanto a lui sorrideva Edoardo Garrone, che aveva appena spiegato la genesi e l’esito della trattativa: “Negli ultimi sette anni avevo raccolto diverse manifestazioni di interesse ma nessuna proposta credibile per rilevare la Sampdoria. Un imprenditore italiano (Ferrero, che non era ancora entrato in sala, ndr) mi ha contattato con grande discrezione e determinazione, abbiamo definito i termini dell’affare e soltanto stamane. La trattativa è stata perfezionata con la cessione della società. La Sampdoria è una società finanziariamente sana e trasparente, avviata al totale risanamento finanziario e patrimoniale. Avevamo già impostato progetti (il nuovo stadio e il nuovo centro di allenamento) che ne assicureranno le migliori fortune“.
Sollecitato dalla famiglia, Garrone da tempo cercava di uscire dal calcio, un mondo nel quale suo padre Riccardo, scomparso a gennaio del 2013, era entrato “obtorto collo” per onorare un impegno morale assunto verso la città di Genova. Che non ha mai assecondato i suoi sforzi per rilanciare il calcio genovese. Al contrario li ha ostacolati, frapponendo ostacoli alla costruzione del nuovo stadio di proprietà, ritenuto strategico. Edoardo si è disamorato ed ha scelto di uscire di scena, accettando di pagare un conto salatissimo. In dodici anni la famiglia Garrone- Mondini (i cognati-cugini, tutti tranne Monica accesi tifosi del Genoa) ha sborsato circa 150 milioni. In più, il regalo a Ferrero. “Non parliamo di soldi, guasteremmo questa splendida giornata di festa”, ha chiosato il produttore romano, respingendo la canonica domanda: quanto ha pagato? Sbigottimento in sala, fra i giornalisti. E applausi dalla nutrita claque al seguito del neoproprietario del club blucerchiato. Sipario.