“La Sardegna è vicina come non mai: oltre ai collegamenti aerei, via mare può contare su cinque compagnie di navigazione che la collegano con i quattro approdi principali dell’isola”. Questo l’annuncio entusiasta dell’assessore regionale sardo del Turismo, Francesco Morandi, che negli scorsi giorni ha fatto il punto della situazione in vista dell’estate. Una dichiarazione che, tuttavia, non fa i conti con la crisi economica che da anni penalizza la Sardegna. Gli italiani, infatti, puntano su altri lidi più economici. E poi c’è la questione del costo salatissimo dei traghetti, che dal 2011 ha fatto perdere oltre un milione e mezzo di turisti. E anche quest’anno, per trascorrere splendide giornate tra fondali cristallini, spiagge bianche e la giusta dose di vip assiepati nei locali più alla moda, bisognerà sborsare non meno di 900 euro per una famiglia tipo (genitori e due figli di età superiore ai quattro anni che viaggiano in cabina con utilitaria al seguito) che parte da Civitavecchia nella prima settimana di agosto e rientra dopo 15 giorni. La somma sarà invece di più di 550 euro per chi andrà in vacanza nelle due settimane centrali di luglio.
Il preventivo è stato richiesto sul sito della Moby Lines il 10 giugno. Ma in questo caso è inutile seguire la prima regola d’oro dei consumatori, cioè fare il confronto con le tariffe degli altri operatori e, quindi, con Snav, Grandi Navi Veloci, Marinvest o Cin-Tirrenia. I prezzi, infatti, sono sempre gli stessi, euro più, euro meno. L’unica via d’uscita è riuscire a cogliere al volo qualche offerta speciale.
Guai, però, a dire che si tratti di un cartello tra le compagnie marittime che, in barba alla concorrenza, ogni anno innalzano i prezzi dei traghetti per la Sardegna. Se fino allo scorso mese, infatti, gli italiani e l’Antitrust non avevano dubbi in proposito (nel giugno del 2013 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in un documento di 57 pagine, inchiodò proprio le ‘sorelle dei mari’ con una maxi multa da 8 milioni di euro per la presunta intesa sui prezzi dei biglietti), il Tar del Lazio a metà maggio 2014 ha invece ribaltato completamente la prima sentenza. “L’Autorità – si legge nella sentenza – non è riuscita a dimostrare, nemmeno per presunzioni, la fondatezza della sua tesi, ovvero che gli aumenti di prezzi praticati dalle compagnie ricorrenti siano stati l’effetto di una pratica concordata”.
In altre parole, i giudici hanno sì ribadito che il rincaro dei biglietti dei traghetti c’è stato, ma della prova dell’accordo tra le compagnie non c’è traccia. I soli numeri chiari sono solo quelli evidenziati dalle compagnie marittime per giustificare le tariffe più alte: il costo del carburante ha registrato un’impennata del 39% tra il 2011 e il 2012, facendo di conseguenza aumentare le tariffe. E poco importa che secondo l’Antitrust questa limatina all’insù non sia stata proporzionale al rincaro del combustibile, visto che i biglietti per la Sardegna sono stati gonfiati fino al 65%.
E a nulla è servito che l’ex presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, nel 2011 abbia accusato per primo gli armatori di aver formato un cartello per controllare le rotte per la Sardegna. Del resto, i più maligni pochi mesi dopo quell’accusa pensarono che il governatore avesse molto a cuore la questione del caro-traghetti per altri interessi. La storia è nota. Cappellacci – proprio nel 2011 – per contrastare il cartello delle grandi compagnie di navigazione e l’impennata dei prezzi delle traversate decide di dar vita, attraverso Saremar (trasferita dalla Tirrenia alla Regione Sardegna nel 2009), al primo esperimento di flotta marittima regionale con la costituzione della Flotta Sarda. Varo che non convince troppo la Commissione Europea, che nell’ottobre dello stesso anno avvia un’indagine. La compagnia intanto naviga a pieno regime fino al 2012 accumulando però grossi debiti. Ed ora non solo è a un passo dal collasso, ma all’inizio di quest’anno l’Ue ha anche bocciato il progetto condannandola a restituire i 10,8 milioni di euro ricevuti dalla Regione e considerati aiuti di Stato in grado di alterare le regole del mercato.
Una guerra dei mari che ha dato vita a un’altra situazione paradossale, dimostrando tutte le sfaccettature di un mercato oligopolistico in cui a rimetterci sembra sempre il consumatore. Da mesi si parla di un presunto tentativo di Vincenzo Onorato, il patron di Moby, di assumere il controllo della Compagnia Italiana di Navigazione (Cin), società per azioni che nel 2011 ha rilevato la Tirrenia. Onorato, socio con il 40% di Tirrenia, si è tuttavia scontrato con gli altri azionisti, contrari alla fusione tra Moby e Cin. Ostacolo che Onorato potrebbe superare solo con l’acquisto della quota in capo al Fondo Clessidra (che detiene il 30% e che, a sua volta, controlla una parte di Moby) per arrivare al 75% del capitale totale. Una battaglia di armatori ora finita in tribunale, visto che Cin ha deciso di querelare Onorato per le sue ultime dichiarazioni sulla gestione della Cin, definite “diffamatorie e pregiudizievoli”. La decisione è stata presa durante l’ultima seduta del cda di Cin. E, tra i punti contestati c’è anche la diversità di vedute sul piano industriale, le sinergie Moby-Cin e le valutazioni sui costi delle manutenzioni delle navi.
Ora, in attesa che la giustizia faccia il suo corso, agli aspiranti turisti che vogliono andare in Sardegna non resta che armarsi di pazienza: anche se di concorrenza sleale non si può parlare, il problema del caro-traghetti comunque resta. Così, nel nome del risparmio, chi non decide di sfruttare altre tratte per raggiungere l’isola, passando per esempio per la Corsica o per Barcellona, può sfruttare una promozione della Tirrenia che permette di rateizzare l’acquisto del traghetto. Si può scegliere se pagare in 10 o 5 rate, senza dover corrispondere alcun interesse visto che l’offerta è un vero tasso zero (Tan 0% e Taeg 0%). E nessun problema emerge anche analizzando le condizioni: l’offerta è valida per gli acquisti di importo superiore a 300 euro. Tetto che certamente si supererà.