Il cda della compagnia fa annunci roboanti ma non fornisce né i dettagli del piano emiratino né quelli sui conti del 2013. L'intesa definitiva, insomma, è lontana
Alitalia andrà avanti con l’operazione Etihad. Ma il consiglio di amministrazione della compagnia, che, oltre al bilancio 2013, ha approvato le richieste degli Emirati dando mandato al presidente Roberto Colaninno e all’amministratore delegato Gabriele Del Torchio di negoziare il relativo contratto, si è guardato bene dallo scoprire le carte sui dettagli dell’accordo e dei risultati dell’anno scorso, mentre ha deciso di convocare un’assemblea per il 29 giugno in prima convocazione e per il 25 luglio in seconda.
Nella nota, diffusa dopo un consiglio di amministrazione durato oltre otto ore, c’è soltanto un nuovo dato, negativo, che parla di “accantonamenti e svalutazioni per 233 milioni di euro, in preparazione delle future strategie”. Che saranno necessariamente condizionate anche dall’attuale situazione finanziaria del gruppo per il quale si stimano più di 300 milioni di perdite per il solo 2013.
Se il dato sul rosso dello scorso esercizio venisse confermato, Alitalia avrebbe ampiamente bruciato la liquidità incamerata con l’aumento di capitale (300 milioni) dello scorso dicembre. Compresi i 75 milioni delle Poste italiane che l’ex ad Massimo Sarmi aveva voluto investire in nome delle potenziali sinergie con il vettore postale Mistral Air. Non sarebbe certo una bella notizia alla vigilia di una nuova ricapitalizzazione in cui i soci dell’Alitalia sono chiamati ad iniettare nuova liquidità nel gruppo nell’ambito di un’operazione finalizzata all’ingresso in forze del nuovo socio del Golfo, Etihad, che investirà 560 milioni.
Tanto più che il nuovo azionista vorrebbe accollare anche le perdite 2013 alla vecchia società, quella che nessuno vuole chiamare bad company, ma sulla quale saranno caricati debiti e pendenze di Alitalia. Il tema insomma è molto caldo. E lo testimonia il fatto che il nuovo ad delle Poste, Francesco Caio, è stato molto cauto sul tema della ricapitalizzazione Alitalia dichiarando che sarà necessario valutare il nuovo piano industriale e le effettive sinergie per Poste. Caio insomma ha presto tempo anche perché sa bene che il secondo salvataggio Alitalia è ancora lontano dall’essere archiviato.
Del resto la situazione è ancora molto delicata sul fronte bancario dove Del Torchio ritiene siano stati fatti passi in avanti. Di fatto però un accordo sui numeri ancora non c’è, benché gli istituti creditori e soci, Unicredit e Intesa SanPaolo abbiano in linea di principio accettato di aumentare la quota del debito della compagnia da cancellare alleggerendo la posizione della Popolare di Sondrio e di Mps.
Ancora tutta in salita, poi, la trattativa con i sindacati sui 2251 esuberi chiesti dall’azienda, da aggiungere alle 787 casse integrazioni a zero ore. Della questione, che peserà sui conti pubblici attraverso gli ammortizzatori sociali e sui biglietti aerei italiani per via del contributo obbligatorio al fondo volo, si tornerà a discutere lunedì 16 nel nuovo incontro fissato con le organizzazioni di categoria. Con la speranza dell’azienda di poter chiudere l’operazione Etihad entro metà luglio come nei desiderata del governo Renzi.
Come se non bastasse, Bruxelles monitora da vicino la partita per evitare distorsioni di mercato. Con il Commissario europeo ai trasporti, Siim Kallas, che, anche dopo l’incontro con il ministro italiano dei Trasporti, Maurizio Lupi, ha precisato come l’Unione resti in attesa di indicazioni sul nuovo assetto proprietario prima di esprimersi sull’operazione. Senza contare l’analisi dell’Antitrust Ue sul tema degli aiuti pubblici elargiti via Poste.
Difficile quindi che la nuova Alitalia, libera da debiti e dipendenti e con le casse ricche dei nuovi soldi versati da Etihad e dai vecchi soci, riesca a nascere prima di settembre. Con tutte le conseguenze economiche (leggi rischio crisi di liquidità conclamata) dei tempi tecnici necessari a chiudere l’intesa.