Ai Mondiali sabato sarà la nostra prima avversaria, ma al cinema l’abbiamo già battuta. Non c’è storia: Italia straccia Inghilterra. Nessuno come noi ha dedicato ai fatti pallonari chilometri di pellicola e, ultimamente, milioni di bytes, portando in sala arbitri (sovente cornuti, come L’arbitro Stefano Accorsi di Paolo Zucca) e presidenti (spesso truffaldini), fuoriclasse e cotechiñi, allenatori nel pallone e mani di Dio, veri calciatori e falsi nueve ante litteram, intrecciando fuoricampo e fuorigioco, tifo e altri contagi.
Siamo partiti addirittura, come si legge sullo Speciale Mondiali della Rivista del Cinematografo, da un Cinque a zero del 1932, che prendendo spunto da un Roma-Juve dell’anno prima tesserava veri lupacchiotti (Volk, Bernardini, Mattei) e rispolverava il triangolare cantante, capitano (Osvaldo Valenti) e presidente. E poi, 11 uomini e un pallone (1948), il cancro della combine e Raf Vallone ne Gli eroi della domenica (1952), Il presidente del Borgorosso Football Club Alberto Sordi, che ingaggia Omar Sivori e preannuncia i famigerati presidenti-allenatori à la Berlusconi, e tanti calciatori di fatto prestati al cinema per qualche (in)dimenticabile posa. Della specialità il campione indiscusso è L’allenatore nel pallone di Sergio Martino, con Lino Banfi Oronzo Canà (“Mi avete preso per un coglione” – “Ma no, sei un eroe”), che tra primo (1984) e secondo (2008) tempo ammaestra Pruzzo, Graziani e Zico, Totti, Del Piero e Buffon. E che dire di Maradona, cantato da Marco Risi (La mano de Dios, 2007), e “ispiratore” de Il piede di dio di Luigi Sardiello (2009), che eccepire di un cinema nostrano poetico e pallonaro sin dal titolo, da Cuori in campo A due calci dal paradiso, fino a 4-4-2 Il gioco più bello del mondo ? Eppure, ad andare in gol non siamo solo noi: anche senza L’uomo in più di Sorrentino, gli scapoli vs. ammogliati di Fantozzi e il Nanni Moretti palleggiatore di Bianca e La messa è finita, i sudditi di Sua Maestà hanno qualche confidenza con la rete.
Spiace per Mourinho e il suo Chelsea, ma lo Special One non è lui: se all’Old Trafford il dopo Ferguson non è roseo, in sala il Manchester United rimane imbattuto. Impazzano i Red Devils, che hanno portato fior di campioni davanti alla macchina da presa: da Eric Cantona, sogno in carne ed ossa de Il mio amico Eric di Ken Loach a David Beckham, solo evocato in Bend It Like Beckham (2002), malamente tradotto in Sognando Beckham, con Keira Knightley che barattava tacchi per tacchetti.
E come potrebbe dare forfait George Best, l’epitome stessa di genio e sregolatezza: il biopic Best mette in cartellone il più celebre aforisma del Pallone d’oro 1968, “ho speso un sacco di soldi per alcool, donne e macchine veloci… il resto l’ho sperperato”. Se Best ebbe solo un cammeo in Percy, più fertile la cine-carriera di Vinnie Jones, Chelsea e QPR in cv, recordman di espulsioni (una solo dopo 3’’): esordio in Lock & Stock, ha abbinato calcio e carcere in Mean Machine.
Ma torniamo a Manchester, lato City: è tempo di success story, quella del piccolo Jimmy Grimble, che dribbla ansia e bullismo per amore di Citizens. Infine, Il maledetto United (2009), la straordinaria avventura di Ryan Clough, allenatore per 44 giorni della squadra che odiava, il Leeds United. Se Febbre a 90° da Nick Hornby lo conosciamo tutti, bisognerebbe parlare di hooligans, ma è un’altra storia, da cartellino rosso. Meglio tornare in Italia, e capire le ragioni della nostra supremazia, anche quando tra calcio e cinema finisce in pareggio, alla voce documentario: da Zemanlandia al “sequel” Due o tre cose che so di lui, dagli 11 metri di Agostino di Bartolomei al mockumentary Il Mundial dimenticato del ’42 in Patagonia. Già, quanti gliene abbiamo già fatti all’Inghilterra?
il Fatto Quotidiano, 12 Giugno 2014