La violenza e l’arroganza di Matteo Renzi nei confronti dei senatori dissidenti ha un che di tristemente fascista. Dietro i modi garbati e le supercazzole jovanottiane, si nasconde la veemenza livida – e pericolosissima – del ragazzotto impacciato e permaloso che porta via il pallone se qualcuno (giustamente) gli dice “brutto”. Sembra di stare dentro a ‘Il potere dei più buoni’, una delle tante canzoni profetiche di Giorgio Gaber. Consegnandosi mani e piedi ai renziani, peraltro – fatte salve sporadiche eccezioni – una delle classe politiche più impreparate e caricaturali mai viste in Italia, il Pd non è diventato soltanto la nuova (cioè vecchia) Democrazia Cristiana: è divenuto pure un partito assolutista e iper-personalistico.
O stai col Mister Bean di Rignano, o non conti nulla. Evidentemente il Pd vuole superare M5S anche nelle epurazioni. I Mineo e i Civati, sempre troppo tardi a questo punto, dovranno prenderne atto e migrare altrove, magari per dare una mano alla Lista Tsipras. C’è un limite anche al masochismo. Forse.
Sono passate poche settimane dal trionfo del Pd alle Europee, eppure sembra tutto già lontano. Le ferite di Livorno e Perugia sono state elaborate malissimo dai renziani, che concepiscono
la sconfitta come un’onta. Alla Camera, relativamente alla
responsabilità civile dei magistrati, i franchi tiratori hanno nuovamente ridicolizzato il partito, dimostrando una volta di più come i primi ad avere bisogno del bicameralismo (e dunque del Senato) siano i piddini: per rimediare alla bischerate che fanno.
Il Pd, paradossalmente, è in difficoltà. Nonostante quel quasi 41 percento del 25 maggio, cifra enorme ma che rimane al momento una grande vittoria di Pirro: il Parlamento italiano resta quello che è e senza Alfano e Berlusconi, ovvero i suoi migliori amici, Renzi non va da nessuna parte. Ora come non mai l’opposizione avrebbe gioco facile. Basterebbe poco a mettere in difficoltà il dittatore dello stato libero di Jovonattia Matteo Renzi. In Italia l’opposizione è quasi soltanto il Movimento 5 Stelle. E invece loro che fanno? Si danno i calci negli zebedei da soli, come tanti piccoli Tafazzi.
L’attività parlamentare, spesso encomiabile (vedi il pacchetto anti-corruzione proposto al Ministro Orlando), viene spesso offuscata da errori imbarazzanti. Due, in particolare.
1) Farage. Ho contestato più volte, io come molti,
l’accordo con Ukip al Parlamento di Bruxelles. Può essere accettato solo in funzione strategica, e anche in quel caso si fatica comunque a ingoiare. La consultazione di ieri è stata poco più che ridicola. I Verdi sono stati esclusi dalla votazione e l’unica scelta ipotizzabile era appunto Farage. Che ha vinto con maggioranza bulgara, ma i reali trionfatori sono stati
gli astenuti. Due su tre non hanno votato. Due su tre avrebbero verosimilmente votato Verdi e vomitano – verosimilmente – al pensiero di avere accanto un nazionalista xenofobo. Sto parlando della “base”, teoricamente più talebana: figuriamoci gli elettori. Se la consultazione doveva essere così concepita, tanto valeva non farla.
2) Pizzarotti. Per certi versi la trovo una vicenda ancora più grave. Non sono amico del sindaco di Parma, lo premetto per disinnescare la critica facile e idiota del “difendi un amico”. Lo conosco, questo sì. Ci ho parlato varie volte. L’ho visto anche domenica scorsa alla festa del Fatto a Taneto di Gattatico. Se volessi ridurla a una battuta, direi che non mantiene le promesse neanche con me: aveva promesso di portare a Parma il mio spettacolo su Gaber e non lo ha fatto. Ma ovviamente sarebbe una battuta: ci ha provato e non gli è riuscito. Non sono di Parma, ma trovo che Pizzarotti stia lavorando bene. Ha ereditato una situazione devastante (per colpa di Pd e Pdl) e ci sta provando. E secondo me ci sta provando bene. I primi a difenderlo, convintamente, dovrebbero essere i 5 Stelle: se poi Pizzarotti sta antipatico a Casaleggio perché troppo “indipendente”, con rispetto parlando, non ce ne frega niente: non tutti, per fortuna, coltivano la vocazione del soldatino.
Governare è appena più complicato di promettere. La polemica sull’inceneritore è capziosa e un po’ disonesta, perché Pizzarotti non poteva impedire che l’inceneritore partisse. La campagna elettorale all’insegna del “fermeremo l’inceneritore” l’ha fatta molto più Grillo che lui. Che senso ha attaccarlo sistematicamente, oltretutto in questi giorni di festa (Livorno eccetera) e di implosioni altrui (Mineo eccetera)? Cosa gliene frega agli italiani delle beghe emiliane tra i talebani in servizio permanente e chi – invece di scrivere amenità e difendere a prescindere i vertici – prova a governare una città con onestà?
Ogni tanto il blog diventa ricettacolo di yesmen che vomitano bile a caso contro “i nemici interni” e i “falsi amici”: che senso ha? Cosa ce ne frega? Non capiscono che sono tutti assist giganteschi a Renzi? Non capiscono che, così facendo, regalano altri milioni di voti a questo Pdi? Non capiscono che, se tratti così Pizzarotti, i renziani rintuzzeranno sempre le critiche alla dittatura mocciana del Presidente del Consiglio con i “Sì però voi epurate Pizzarotti e state con Farage, siete fascisti”?
Perché queste energie sprecate, questo masochismo, questo gusto innato per l’auto-sabotamento? Possiamo parlare di cose serie e chiedere agli integralisti ortodossi, che certo avranno le loro ragioni, di litigare al telefono o comunque in privato? Posso dire, dimenticando i francesismi, che non me ne frega una beatissima mazza di quello che pensa Bugani di Pizzarotti mentre mi interessano moltissimo le battaglie che compiono i Di Maio e i Morra? Si accusa Pizzarotti di preparare un futuro come leader dei “dissidenti” grillini. Lo conosco poco, ma dubito che il sindaco di Parma sia così imbecille da mettersi a capo di una milizia smandruppata e fantozziana composta perlopiù – spesso, non sempre – da frignoni, figure comicamente impalpabili e martiri queruli di professione.
Il presente è Renzi che prepara una dittatura morbida: che dite, Grillo e Casaleggio, la finiamo con le beghe da asilo nido?