Si torna a parlare di un imminente incontro Berlusconi-Renzi per definire le regole del gioco della Repubblica futura. L’ordine “sovietico” imposto dal premier con la cacciata di Mauro e di Mineo (ma anche con l’allontanamento più morbido di Chiti) dalla commissione Affari Costituzionali sarebbe prodromico ad un accordo finale con Berlusconi destinato a spianare la strada al percorso riformatore immaginato dall’uomo forte di Rignano.
C’è da chiedersi peraltro che ruolo intendano svolgere le residue rappresentanze parlamentari di Nuovo Centro Destra, Scelta Civica, Popolari per l’Italia in tutta questa discussione sulle riforme. Ad oggi appaiono come un imbarazzante Partito dei Contadini della vecchia Germania Est, che serviva a fingere un pluralismo in realtà tutto riconducibile alle decisioni irrevocabili del politburo della Sed. Qui, non vi è nemmeno un Politburo, bensi un uomo solo al comando e una schiera di simpatici valletti a farne da umile contorno. Nonostante il parere contrario di illustri politologi che hanno legato il proprio nome al mito del bipolarismo e che da 20 anni lo spacciano come la panacea di tutti i mali, io sono sempre più dell’idea che in questo frangente storico sia nefasta una legge elettorale che regali cospicui premi di maggioranza a pur sempre minoranze; così come sia nefasta una legge elettorale che spinga gli elettori ad aggregarsi attorno a Renzi o a quel che resta del berlusconismo.
Non parliamo poi dei sempre più confusi progetti di riforma del senato, che sembrano rispondere più all’esigenza di dimostrare che l’uomo forte di Rignano ha imposto la sua visione decisionista al Paese che alla logica della buona legislazione nell’interesse generale. Sussurrano anche che l’obiettivo dell’accordo imminente fra il “duce” del ventennio che fu e quello del ventennio prossimo e venturo sia da una parte la definitiva consacrazione di Renzi come principe senza rivali e dall’altra la più modesta speranza di una grazia presidenziale per il possibile co-padre della (nuova) costituzione. Lascio a ciascuno, secondo le proprie sensibilità, il giudizio su questo possibile esito.
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