Ci sono tanti temi che s’incrociano sull’erba del Fonta Nova di Salvador de Bahia. La prima volta in campo del nuovo Fabregas londinese, questa volta sponda Chelsea, il probabile ultimo mondiale di Xavi e il primo da 30enni per Iniesta, Robben e Sneijder, che proprio oggi tocca le cento presenze in nazionale. Ma tutti cadono in secondo in piano perché la mente riavvolge il nastro della memoria e lo ferma alla sera dell’11 luglio 2010. A Johannesburg Spagna batte Olanda 1-0 e alza la Coppa del Mondo. La Roja e gli Oranje ricominciano da dove avevano lasciato, mandando in scena il remake della finale della kermesse sudafricana. L’una di fronte all’altra, tre anni e undici mesi dopo.
Agli Europei 2012 le Furie rosse hanno ribadito il dominio del loro tiqui taca che in Brasile verrà messo nuovamente alla prova dopo gli inquietanti scricchiolii in Liga e Champions League. Gli Oranje tornarono dalla Polonia con un bottino di due pareggi (Germania e Portogallo) e una sconfitta (Danimarca) che avviarono la definitiva rottamazione dell’undici vice campione del mondo. In Brasile sarà difficile ripetersi per entrambe. Il senatore Iker Casillas ostenta sicurezza e si dice certo che la Spagna possa cucirsi la seconda stella sulla maglia. La stagione di molti dei 23 iberici suggerisce altra sorte per i detentori della coppa, trascinati sul tetto del mondo dal duo blaugrana Xavi-Iniesta, oggi in difficoltà.
Il primo, soprattutto, è reduce da una stagione sottotono che ha scatenato la critica: Xavi, 34 anni, è ancora in grado d’essere il perno delle sorti di Del Bosque? I numeri suggeriscono un altro ritornello: è il centrocampista del Barcellona la vera colonna portante della Roja? In Sudafrica e Polonia-Ucraina, la Spagna ha vinto quattro partite 1-0 e subito appena 3 gol (uno da Di Natale) per poi piegarsi al Brasile in Confederations Cup. Prima dei piedi buoni, quindi, viene la solidità difensiva. Casillas conta sulle punte di un guantone i palloni recuperati dalla propria rete e la produzione offensiva nell’ultimo Mondiale (quattro successi 1-0) conferma la tesi che dice che il vero tesoro della Spagna sia la difesa. Ecco forse spiegato perché ieri Del Bosque ha mischiato le carte nei 15 minuti di rifinitura aperti ai giornalisti: i dubbi del tecnico sono tutti dietro. Piqué o Javi Martinez al centro della difesa accanto a Ramos, reinventato centrale dopo l’addio di Puyol?
Di certo la prima linea a protezione di Casillas sarà affidata agli inamovibili Xabi Alonso-Busquets. Poi dare il là agli assalti offensivi sarà compito di Xavi, che a Salvador de Bahia ci sarà ma avrà forse in mano il proprio destino. Protagonista nella stagione stellare dell’Atletico Madrid, Koke scalpita e Del Bosque – secondo i media spagnoli – pensa davvero al lancio del delfino classe ‘92. Il playmaker del Barcellona sarebbe un altro pezzo degli spagnoli campeones a segnare il passo dopo Capdevila e Puyol. Il nulla se confrontato alla nuova pelle dell’Olanda. Da Johannesburg a Salvador sono sopravvissuti sono il milanista Nigel De Jong, Robin Van Persie, Arjen Robben e Wesley Sneijder.
Van Gaal ha svecchiato il resto del gruppo dopo la batosta agli Europei, dove erano ancora in campo Maarten Stekelenburg, John Heitinga e Mark Van Bommel. Sono ancora tra i 23 Kujit e Huntelaar ma il loro ruolo alla vigilia dell’esordio mondiale è ridimensionato. Nel mezzo del ricambio generazionale, gli Oranje hanno dominato le qualificazioni chiudendo a 28 punti, record condiviso con la Germania. Sono la classica mina vagante e hanno uno degli attacchi tecnicamente più validi tra le 32 squadre arrivate in Brasile. Dal risultato con la Spagna passa il primo posto nel girone e la possibilità di non giocarsi il passaggio del turno contro il Cile, altra pallottola impazzita del gruppo B completato dalla cenerentola Australia. Poi bisognerà correre e non fermarsi sul più bello, come all’Olanda è già successo troppe volte.