Carmela Cirella il 15 aprile 2007 si gettò da un balcone di un palazzo alla periferia del capoluogo, dopo essere stata violentata un anno prima. Secondo i giudici di primo grado a compiere gli abusi sono stati Filippo Landro e Salvatore Costanzo
Furono il 27enne Filippo Landro e il 26enne Salvatore Costanzo a stuprare Carmela Cirella, la 13enne di Taranto che il 15 aprile 2007, per le violenza sessuali subite, si tolse la vita lanciandosi da un balcone di un palazzo alla periferia del capoluogo. Lo ha stabilito il tribunale ionico che ha condannato Costanzo a 10 anni di reclusione e Landro a 9 anni e 6 mesi di carcere. Pene superiori rispetto a quelle richieste dal pubblico ministero Maria Stefania Ferrieri Caputi. Assolto per non aver commesso il fatto, invece, il tarantino Massimo Carnevale, difeso dall’avvocato Maurizio Besio.
Secondo l’accusa, i due imputati, fra il 9 e l’11 novembre del 2006, avrebbero attirato la ragazzina con una scusa all’interno del loro camper e poi l’avrebbero costretta a subire atti sessuali. In quei giorni, la 13enne era scappata da un istituto per minori disagiati a cui era stata affidata. Quando fu ritrovata, dopo qualche giorno, apparvero evidenti i segni della violenza. Ma non sono gli unici abusi subiti da Carmela: altri due imputati, all’epoca dei fatti minorenni, accusati di aver abusato di lei hanno ottenuto dal Tribunale per i minorenni la cosiddetta “messa alla prova”.
In aula, appena dopo la lettura della sentenza, Alfonso Frassanito patrigno di Carmela è scoppiato in lacrime. L’uomo, fondatore dell’associazione “Io so Carmela”, da anni chiede verità e giustizia per la piccola e spesso ha denunciato i ritardi della magistratura ionica sulla vicenda. La sentenza di primo grado, infatti, arriva a oltre sette anni di distanza dal suicidio della 13enne la cui triste vicenda, attraverso gli scritti che la ragazza aveva conservato in un diario, è diventata anche un fumetto. La storia di una ragazzina a cui nessuno credeva. Violentata, secondo l’accusa, per ben due volte nel giro di pochi giorni. “Mi diceva sempre che ero bella. È bello quando ti dicono che sei bella. Ti senti di essere qualcosa. Invece non sei niente” scriveva in quelle pagine Carmela che prima di togliersi la vita era anche finita in una comunità.