Mentre la partita AlitaliaEtihad resta aperta e nel cielo di Malpensa restano le nubi (la compagnia di Abu Dhabi ha scelto Linate come scalo di collegamento con le principali città d’Europa), venerdì 13 giugno si è conclusa con un no secco la tre giorni di referendum tra i lavoratori di Sea HandlingUna consultazione indetta per definire le condizioni di lavoro di chi entrerà in Airport Handling, la newco che dal 1 luglio 2014 si occuperà dei servizi aeroportuali a terra (check-in, carico e scarico, servizio rampa) per le compagnie aeree nello scalo varesotto e a Linate. I 2.218 dipendenti della società, in procinto di chiudere i battenti il 30 giugno, hanno bocciato l’ipotesi di accordo individuata da Sea e organizzazioni sindacali (Filt Cgl, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl, Flai e, in seconda battuta, la firma anche di Usb), che prevedeva uno “scambio” tra salario e tempo di lavoro nell’ambito di un’azienda che dovrebbe arrivare a fare utili nell’arco di tre anni. Se a Linate la vittoria dei “si” è stata di misura (223 sì, 190 no, 4 nulle e 2 bianche su 566 aventi diritto e 419 votanti), a Malpensa i no hanno ottenuto un trionfo schiacciante. Sui 1.241 lavoratori che si sono espressi (1.652 gli aventi diritto) 754 hanno respinto il percorso sindacale contro i 463 che hanno detto sì. Sono state 15 le schede nulle e 9 le bianche.

“Coloro che hanno sostenuto il no si sono assunti una pesante responsabilità”, dichiarano in un comunicato congiunto le segreterie lombarde di Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Ugl e Flai. “Con tale epilogo, infatti, diventa estremamente complesso trovare una soluzione che eviti le conseguenze drammatiche che il nostro accordo voleva scongiurare”. In sintesi, l’accordo stabiliva un taglio del salario di circa il 7% (contro il 20% proposto dall’azienda) e cancellava il premio fisso semestrale previsto dagli accordi aziendali di secondo livello in Sea Handling trasformandolo in un premio di risultato, voce dunque variabile, a partire dal 2016. Fino ad allora la decurtazione sarebbe stata coperta con due mensilità “pesanti” da consegnare subito, all’inizio del nuovo rapporto di lavoro. Inoltre era previsto il mantenimento del livello occupazionale raggiunto e del welfare aziendale, pur con la perdita di sei riposi al mese e di due giorni di ferie.

Ipotesi che il rifiuto dei lavoratori ha azzerato. “Restiamo convinti che i contenuti di tale accordo definissero le migliori condizioni possibili dentro al fallimento di Sea Handling e nella situazione determinata dalla sanzione della Commissione europea (che ha condannato la società a restituire aiuti di Stato per 360 milioni più gli interessi, ndr). Una trattativa complessa e un risultato ottenuto grazie alle mobilitazioni e a una posizione comune con tutti i soggetti in campo (azienda, Comune, azionisti, governo) attorno ad obiettivi importanti a cominciare dalla totale salvaguardia occupazionale”. E dal mantenimento dell’attività di handling all’interno del Gruppo Sea, per evitare lo spacchettamento del lavoro con più cooperative che potrebbero prendersi pezzi di attività.

A Malpensa – dove Etihad vorrebbe far arrivare qualche volo intercontinentale  in più in vista di Expo, ma che non entrerebbe nel network di aeroporti della compagnia di Abu Dhabi – si guardava all’esempio negativo di Roma Fiumicino, dove una concorrenza spietata tra società di handling ha avuto come risultato un massiccio ricorso alla cassa integrazione, e si voleva evitare di imboccare quella strada. Il referendum ha però bocciato il lavoro dei confederali. Ora toccherà al sindacato autonomo – Cub e Adl Varese, le uniche due sigle non firmatarie – condurre un’altra eventuale trattativa con l’azienda, ammesso che ci sia. “Noi siamo rappresentativi e l’azienda non può più non tenerne conto”, dichiara Salvatore Ferla (Adl, Associazione delle lavoratrici e dei lavoratori), “abbiamo già chiesto al presidente di Sea Pietro Modiano un incontro”.

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